Il coronavirus si sta manifestando nella bergamasca in maniera disastrosa: siamo al top (mondiale!) della diffusione del virus.
Molteplici sono le responsabilità, ma certo non avere istituito una zona rossa in tempo utile nella Val Seriana (quando era chiaro che la situazione locale era paragonabile a quella lodigiana), e avere indotto nei cittadini una sottovalutazione dei rischi (invitandoli ad andare nei ristoranti e a fare spese) è stato fatale.
Ora la situazione in Bergamasca precipita: i casi dichiarati sono una piccola parte dei reali contagiati che sono semplicemente confinati in casa e che non rientrano nelle statistiche. Basta guardare quello che succede nei vari paesi o anche sfogliando gli annunci mortuari dell’Eco di Bergamo: è una Caporetto, siamo diventati un enorme lazzaretto.
A seguito del Dpcm dell’8 marzo, siamo tutti chiusi in casa, ma il governo non ha chiuso le produzioni e solo alcune aziende bergamasche lo hanno fatto spontaneamente. Molti imprenditori si sono isolati nelle loro ville in montagna o al mare da cui ordinano che nei reparti la produzione prosegua. Siccome molti dei contagiati non lo sono ufficialmente, o lo sono in forma asintomatica, le fabbriche sono diventate ora l’ambiente principale di diffusione del virus. I lavoratori, le lavoratrici tornano nelle abitazioni in cui sono confinati i parenti diffondendo ulteriormente il contagio tra anziani, ragazzi, bambini.
In questo contesto la politica si rimpalla la colpa tra Governo ed enti locali sulla mancata zona rossa in val Seriana. Ma nessuno fa nulla di concreto. Oggi, più seriamente, la Regione Emilia Romagna ha dichiarato il paese di Medicina zona rossa chiudendo obbligatoriamente le produziopni non essenziali.
E’ ora che il governo intervenga sulla bergamasca dichiarando anche qui la zona rossa in tutta la provincia, e se non lo fa il governo lo faccia subito la Regione Lombardia seguendo l’esempio emiliano. Basta polemiche sterili e balletti sulle responsabilità, le responsabilità un amministratore non le deve rinfacciare ma se le deve assumere. I bergamaschi cosi duramente colpiti non vogliono più sentire piagnistei e filastrocche, ma da persone concrete quali sono vogliono i fatti.
Bergamo, 16.03.20
Francesco Macario, segretario provinciale Rifondazione Comunista Bergamo e provincia