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Che cos'è un orto di pace e perchè per Vittorio Arrigoni?
Ambedue queste espressioni "Un orto di pace" e "Per Vittorio Arrigoni" non godono di alcuna popolarità, dire "Il grande fratello" o "Campionato
di calcio" riscuote, immediata, intelligibilità.
Credo a ragione di rendere omaggio ad ambedue coniugando queste espressioni insieme.
Gli orti di pace rimandano alla memoria gli orti di guerra, questi si, noti agli anziani, durante la guerra erano gli orti di emergenza,
particelle di terra sorte ovunque anche nelle piazze principali di città come Londra o Milano per ricavare cavoli o grano per sfamare la poplazione.
Un orto di pace ha una funziona non dissimile: vuol nutrire chi lo coltiva.
Tante, però, sono le differenze e non da poco se avete la pazienza di ascoltarle.
Un vero orto di pace vuol coniugare salvaguardia di specie a rischio, quindi è sempre un orto di biodiversità, una vera arca di semi, un'oasi
ove specie messe a rischio dallo strapotere delle multinazionali sementiere, sono null'altro che multinazionali della chimica, trovano posto, un angolo per poter
continuare ad esistere, viceversa, non resterebbe loro che strasene per chissà quanto tempo, nei frigoriferi delle grandi banche del seme, messe insieme dalle
stesse multinazionali, alle isole Svalbard o anche in posti più lontani.
No, un orto di pace risuscita vecchie specie come il pomodoro datterino o il cetriolo limone e le fa vivere, impollinare dagli insetti,
riprodurre,e, infine, perchè no? Consumare.
Un orto di pace vero nasce dalla colaborazione , ha fini di vero e proprio "Manifesto", è un connubio di solidarietà, convergenza di
tante energie, tende ad un fine che , come abbiamo visto, non è soltanto, come per gli orti di guerra, il puro e semplice nutrirsi.
Nell'orto di pace si narra una vicenda più complessa: è il caso degli orti , enumerati, associati, messi in rete da "www.ortidipace.org"
; e nascono nei posti più vari: dalle scuole agli istituti psichiatrici, alle carceri alle scuole.
Sono orti di pace, beninteso, anche gli orti di vicinato, i "neighboroughgardens" di Londra o San Francisco, ortinati per procurare cibo
a buon mercato a persone appartenenti a fasce più svantaggiate della società, poveri che la crisi anche negli Usa aumenta a dsimisura,
organizzazioni come "Food not bombs" si occuipano egregiamente di questo.
Un orto di pace è, contemporaneamente, un orto didattico, un orto solidale, un oasi di biodiversità.
E' un luogo allegro, un luogo allegro e insieme resistente, farne nascere uno richiede la collaborazione di decine di soggetti, facile a dirsi ma
come curare un orto in una scuola quando alunni e insegnanti sono in vacanza?
Un orto è un luogo di cura, per quanto piccolo esso sia, occorrerà sempre un minimo di mantenimento.
Quando tutti gli elementi di questo magico puzzle verde si incastrano alla perfezione: volontà, energie vive, costanza, amore, competenza, si
ritrovano, può nascere, spuntare, in un angolo abbandonato, un vecchio giardino dismesso, o addirittura, una discarica, un'area accanto a
un'autostrda o una ferrovia, un orto di pace.
Il "Manifesto degli orti di pace" elaborato dalla rete omonima racchiude tutte queste cose, tutte queste idee.
Eppure, un orto di pace può essere di più, andare ancora oltre e aggiungere altre buone, nobilissime cause da perseguire.
Collaborare, stare insieme, aggregare e scanbiare conoscenze, buone pratiche sostenibili è già abbastanza , determina una rivoluzione grande,
silenziosa, nel modo di vivere dell'homo occidentalis, che, altresì, somiglierebbe molto più a una macchina seriale che ad un essere senziente.
Che i bambini non sappiano da dove vengano i ravanelli o le galline o non conoscono che una o due sole varietà di pomodori o di mela, è
terribilmente vero.
Michelle Obama ha fatto una gran cosa nell'impugnare , sia pure simbolicamente, una vanga alla Casa Bianca, per fortuna
quell'orto sta continuando, spenti i flash dei fotografi. Noi, vogliamo andare ancora più lontano con il nostro "Orto di pace per Vittorio
Arrigoni" .
Vittorio Arrigoni è morto a Gaza, brutalmente assassinato da salafiti, una sorta di ultrafondamentalisti islamici. Era lì in quella striscia
assediata, dimetincata, un pezzo di territorio palestinese, un enclave, un luogo di cui i media parlano poco ed invece , la fame, la miseria, l'orrore
quotidiano vissuto da qualche milione di esseri umani necessiterebbe ben altra attenzione.
Vittorio Arrigoni era a Gaza per far luce, per informare e per tener desta , o almeno tentava, di far luce su questa parte di Medio Oriente
disgraziata.
Vittorio Arrigoni faceva da scudo umano ai contadini palestinesi quando andavano a raccogliere le olive, faceva da scudo umano andando in
barca, uscendo fuori in mare con i pescatori di Gaza: doveva far da scudo perchè contadini palestinesi e pescatori rischiavano la vita ogni volta in
quanto oggetto del fuoco mirato, della fucileria dei soldati israeliani.
Negli orti di guerra di Gaza, nati per disperazione e necessità degli abitanti, Vittorio Arrigoni, e con lui gli attivisti dell'International
Solidarity Movement, ci anadava a permettere ai Palestinesi di poter coltivare, seminare, raccogliere. Prima di lui, Rachel Corrie era già morta,
schiacciata da un bulldozer israeliano, nel tentativo di impedire lo sradicamento degli ulivi, fonte indispensabile per il sostentamento a Gaza e in
Cisgiordania.
Un orto di pace per Vittorio Arrigoni si deve realizzare, i genitori sono concordi, perchè in questo orto, da realizzare nella sua terra, a
Bulciago, nella Brianza lecchese, potranno continuare vivere le sue idee, che sono le idee di pace, di impegno in prima persona senza delega a chicchessia, potranno vivere
contemporaneamente tutte le ragioni di un orto di pace e che abbiamo già provato a delineare.
In più c'è la possibilità, concreta, di riprodurre, qui, in piena tranquillità, le sementi più adatte ad essere spedite a Gaza, a
quei contadini che Vittorio aveva a cuore, c'è la possibilità di sperimentare buone pratiche di "giardino asciutto", pratiche di orticoltura il più
semplici possibili, fondate sulle idee di Masanobu Fukuoka, un orto che sia sinergico, un orto circolare, un capolavoro di sobrietà nel consumo d'acqua, un
orto che trovi in se stesso tutte le risorse neceessarie.
Quest'orto, un piccolo laboratorio da poter "esportare" a Gaza, sia attraverso le sementi, riproducibili, forti, sia attraverso
l'apprendimento di buone pratiche .
Si partirebbe da un orto di pace intitolato a Vittorio Arrigoni per arrivare e qui è la lungimiranza del progetto, a realizzare, almeno, quanto è
stato già realizzato e continua in Francia, qui, vicino a noi, da Kokopelli.
Kokopelli è una associazione di orticoltori che, in Francia ma in diverse parti del mondo, si occupa di ricercare, riprodurre, diffondere le sementi della
tradizione agricola, quelle non seriali, non ibride, non OGM.
Kokopelli ha propri laboratori in diverse parti del mondo, in Africa, in Asia, in America Latina ove esperto agricoltori, agronomi biologici e
ricercatori volontari, lavorano per divulgare, estendere buone pratiche di colture econome di acqua, colture che si fondano solamente sull'uso di sostanze
organiche del territorio per concimare. Quello che in Italia occorre arrivare a realizzare è, soprattutto, la rete che Kokopelli ha in Francia costituto, ovvero,
una rete di riproduttori di semenze che vengono, regolarmente, spedite nelle aree del modo ove le multinazionali , corrompendo, assoldando squadroni della
morte, perseguitano i contadini ed impongono anche con la violenza, monocultura, OGM, allevamenti intensivi distruttori di ogni equilibrio ambientale.
Si, anche in Italia ci sono le energie per far decollare una rete di orti di pace simile. Potrebbero cominciare i seedsavers italiani, i custodi
dei semi di Civiltà Contadina. Occorre parlarne, proporne la fattibiltà, lavorare a questo progetto. Perchè no partendo proprio da un orto di pace dedicato a
Vittorio Arrigoni che per i contadini ha speso la sua vita?
E' un appello , il mio, un appello da raccogliere, cento, dieci , mille orti di pace, siti di buone pratiche e di riproduzione di buoni semi.
Luoghi di congiunzione tra nord e sud del mondo, orti ove l'egoismo sia un termine bandito e dove solidarietà, lavoro condiviso, amore per la
terra, per tutta la Terra e per i suoi abitanti vada di pari passo. Per Vittorio Arrigoni, giovani come lui vanno ricordati solo con altri piccoli, grandi
gesti di pace.
Un orto proprio pace richiede, e pazienza e attesa e fiducia.
Che nascano dai nostri orti sementi di vita e vadano a nutrire coloro che per tante ragioni non possono nè scegliere cosa coltivare nè,
semplicemente, neanche sperare di farlo. E penso ad antiche varietà di grano, di mais, a girasoli: facilmente si possono riprodurre e spedire a Gaza o ovunque esse siano necessarie
queste semenze.
Penso anche alla rivoluzione silenziosa di mille mani che pacciamano, compostano, ed insegnano che lì, nella zolla comune è la speranza
di affrancamento, il possibile riscatto di noialtri umani "terrestri", non a caso.
Teodoro Margarita, insegnante
Socio di Civiltà Contadina.
Tel: 031 683431
Ottimo l'intevento di Michelini eseguito alla cerimonia del 25 Aprile, il sindaco di Como al termine, ha cercato di contrastarlo, ma il pubblico non glielo ha permesso...
Siamo concordi con il governo per una proroga di 1000 anni del blocco del nucleare in Italia. Nell’assemblea del 20 aprile il Comitato comasco vota Sì per fermare il nucleare ha deciso di intensificare l’azione di informazione sulla tornata referendaria e di contrastare le iniziative del governo per impedire alla popolazione di esprimere il rifiuto della scelta nucleare prima improvvisamente voluta dal governo e oggi pericolosamente sospesa sul futuro di tutti. Il testo del documento del Coordinatore del Comitato Paolo Di Adamo.
Non sono uno scienziato, non sono un ricercatore, non sono un politico, Sono solo una persona, come tanti in questo mondo, di buon senso.
Questo buon senso, semplice nei suoi ragionamenti e lineare nei comportamenti che induce la persona che li coltiva nella sua mente e nel suo cuore a rispettare se stesso e coloro che condividono la stessa esperienza umana su questa terra, ci ha portato a riflettere e capire che il nucleare, per come lo conosciamo ora è un male imprevedibile, invisibile e distruttivo.
Pensavamo, con il referendum dell’87 sul nucleare, di aver allontanato per sempre la folle idea di mantenere e costruire nuove centrali nucleari in Italia. Impauriti dal disastro di Cernobyl, che ancora oggi produce malattie e morte, per ciò che è fuoriuscito e per quello che ancora fuoriesce dal “sarcofago” rotto e disorientati per la gravità di quanto recentemente accaduto a Fukoschima, abbiamo visto, così di “punto in bianco” concretizzarsi una legge che ci riporta indietro e cancella, senza alcun ritegno, dignità e rispetto dei cittadini e di un popolo, una scelta votata dall’80% degli italiani.
Ancora una volta i cittadini hanno sentito il dovere di (ri)chiedersi e rispondere a quel quesito che li aveva riuniti in un unanime: no al nucleare.
La raccolta per le firme per il referendum, la costituzione di comitati,la vita di relazione e informazione sul tema nucleare ( salute, rischio, economia…), gli incontri, i seminari di studio e tutto l’impegno in termini di tempo e sacrifici per sollecitare i nostri concittadini a recarsi alle urne per esprimere con il voto la propria partecipazione alla vita sociale e politica di questo Paese, ha determinato, come statisticamente provato, una forte percentuale di persone pronte per il 12 e 13 giugno a compiere il loro dovere di cittadini italiani.
L’atto unilaterale di poter installare Centrali nucleari in Italia per produrre energia elettrica, è seguito da un altro atto unilaterale ( emendamento al decreto legge Omnibus) di sospendere ed abrogare temporaneamente gli articoli di legge che le prevedono mettendo in dubbio lo svolgimento del previsto referendum sul nucleare.
Tutti sappiamo che quello definito dal ministro Romani come un “atto di riflessione”, altro non è che un “atto di codardia” e di violenza, per “paura” di quei cittadini che con il loro voto “Sì” avrebbero bollato di incapacità questo governo.
Ed ancora, che con quel “al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare,…”, che per altro si vuole avallata dall’Unione Europea, è un’altra “sacrosanta balla”, perché sino a qualche settimana fa, la sicurezza delle Centrali nucleari veniva sbandierata dai vari addetti ai lavori ministeriali e esperti nuclearisti come elemento fondante per realizzare le centrali in Italia.
Questa azione di Governo, oltre ad essere irresponsabile ( quando si fa una scelta, questa deve essere ponderata e responsabile e, nel rigor della logica, la si sostiene fino in fondo o, se ci si accorge che ci sono degli errori, allora , onorevolmente, si ammette lo sbaglio e umilmente si torna indietro), è un atto vile nei confronti di tutti gli italiani, perché tenta di privarli di quella partecipazione attiva e democratica insita nell’istituto referendario.
Questa” mossa” del decreto, cerca di mettere sul piano prettamente politico (partitico) la questione che nella realtà è di carattere etico, sociale e di vitale importanza per il benessere presente e futuro di tutti noi.
La partita aperta dal Governo con questa mossa, prevedibile perché l’opinione pubblica dimostrava un sostanziale dissenso verso il nucleare, vuole, a mio modesto avviso, ricondurre il gioco nel campo meramente politico-partitico, aprire uno scontro tra le componenti partitiche, per porre allo scoperto la volontà di scelta dei “contendenti”, così da riallineare le fila sulla ideologia di appartenenza e non sulla trasversalità che si impone per l’importanza della scelta che tocca ogni singolo individuo presente(votante) e futuro.
Mi auguro che i Comitati del “Sì”, le Associazioni e non ultimo i partiti non cadano nel tranello della disputa, non aprano un tavolo di discussione, ma continuino con coerenza nel loro impegno di informazione ai cittadini e manifestino la loro volontà di scelta di decidere sul futuro di questo Paese.
Questo decreto Omnibus è sufficiente a scardinare il referendum del 12 e 13 giugno sul nucleare? La questione è ora di competenza della Corte di Cassazione, organo dello Stato che noi cittadini rispettiamo.
In questo particolare momento possiamo e vogliamo portare in piazza le nostre idee e coinvolgere quante più persone a divenire attori partecipi del loro destino.
A tutti è evidente che abolire il referendum sul nucleare è indebolire la forza dei due Sì per l’acqua e probabilmente scavalcare il quarto quesito ( legittimo impedimento), per questo dobbiamo stringere i ranghi per far sì che il referendum, comunque, raggiunga il Quorum.
Pensiamo ad una Petizione popolare per una legge che metta al bando nel nostro paese le centrali nucleari.
Il movimento Antinucleare si è messo in moto, non si può più fermare, ha energia sufficiente per reagire e con il motto “il nucleare si deve abolire, non si può solo rimandare”, “contaminare” ogni singolo individuo.
Gli strumenti e le tecnologie per sopperire alle necessità energetiche del nostro Paese già ci sono, manca un concreto piano energetico che deve contemplare in primo luogo il Risparmio energetico, la trasformazione da Generazione concentrata in Generazione distribuita… e non ultimo lo sviluppo delle Fonti rinnovabili.
Abbiamo sentito il ministro Tremonti annunciare in questi giorni ad un impegno per le rinnovabili, volontà prontamente smentita nei fatti, visto che la bozza del nuovo piano di incentivazione ha scontentato tutti e, se così attuato, portare al declino di quelle tecnologie che ci possono avvicinare ad un futuro “più pulito”.
Con la certezza che ogni atto che compiamo,nel rispetto dell’ambiente e per la crescita e lo sviluppo di tutti e di ogni singolo cittadino del mondo, è il naturale scopo del nostro breve passaggio ed impegno che lasciamo ai nostri figli e pronipoti, oggi, chiamati direttamente ad esprimere sulla salute e sicurezza presente e futura della nostra esistenza continuiamo a gridare con forza il nostro: No alle centrali nucleari.
Ricordiamoci che il referendum del 12 e 13 giugno 2011 per votare Sì per fermare il nucleare, ieri,come oggi e, come ci auguriamo, come anche domani, è sempre in vigore, pertanto andiamo avanti con la massima convinzione e determinazione nel far sentire la nostra voce e la nostra presenza in tutti i nostri territori.
Il coordinatore Paolo Di Adamo
Comitato comasco vota Sì per fermare il nucleare
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