Avere vent’anni nel luglio 60. Storia di Salvatore Ricciardi

Salvo bandieraSessant’anni di lotta politica e battaglie sociali, è stata questa la vita di Salvatore Ricciardi. Nato a Roma nel 1940, cresciuto nel quartiere di Porta san Paolo quando la città veniva bombardata dagli angloamericani, Salvatore appartiene a quella generazione che ha traversato per intero la storia del secondo Novecento italiano sapendo andare oltre, valicando il millennio.
Avere vent’anni nel luglio 60. Parte da questa data fatidica, gli scontri di Porta san Paolo del 6 luglio 1960, la traiettoria politica di Salvatore che lui stesso ha raccontato: «In quei giorni scoprimmo il sampietrino e la «breccola»… Scoprimmo una cosa ancora più importante: non eravamo soli. C’erano tanti gruppi di ragazzi nelle strade di Roma, che come noi avevano attraversato quel dopoguerra accumulando un malessere e una rabbia contro chi li condannava a una difficile esistenza. Come noi avevano quella sorta di ripulsa per la politica che sapeva troppo di schede elettorali, di “mozioni” e “ordini del giorno”, e sapeva poco di vita reale. Come noi avevano accumulato un’infinità di domande, ma, fin lì, nessuna risposta. Come noi volevano fare qualcosa» (leggi qui).
Lavoratore edile nei primi anni sessanta, dopo la prematura scomparsa del padre diventa ferroviere, attivista sindacale nella Cgil a cui segue l’ingresso nel Psiup (Partito socialista di unità proletaria, formazione che si collocava alla sinistra del Pci), sezione di Garbatella, quartiere popolare e proletario della Capitale, segue – a metà degli anni 60 – il lavoro politico nelle fabbriche di Pomezia, «un territorio – come si legge nella presentazione del suo blog (leggi qui) – che  rappresentava, nei voleri dei governi, il polo industriale di Roma e offriva notevoli facilitazioni agli imprenditori. Nel 1967 incontriamo davanti ai cancelli di queste fabbriche le compagne e i compagni del Potere Operaio di Pomezia (di cui si è persa memoria, eppure era frequentato da compagni/e molto capaci, in rapporto con Quaderni Rossi). Agli inizi dei movimenti del ’68 studentesco e operaio, proponiamo al Psiup di “sciogliersi nel movimento” per ridefinire le proposte politiche e anche gli assetti organizzativi; ritenevamo quel partito “vecchio” come gli altri e volevamo esplorare e moltiplicare i percorsi dell’autorganizzazione. Perdemmo il congresso provinciale su questa proposta (dicembre ’68), per pochissimi voti a causa dei “funzionari” che non volevano perdere il “posto di lavoro”. Usciamo dal Psiup e proponiamo alle assemblee del movimento di gettarsi nella costruzione degli organismi autorganizzati moltiplicando una tendenza che dilagava non solo in questo paese e di cui il Cub (Comitato unitario di base) dei lavoratori della Pirelli Bicocca era il punto di riferimento. La Fatme, la Sacet, la CocaCola, e tante altre realtà lavorative. Nel 1971 con altri ferrovieri diamo vita al Cub dei ferrovieri di Roma (leggi qui), che blocca il traffico ferroviario nei primi giorni di agosto 1971 e apre la sua sede nel quartiere di San Lorenzo (storico insediamento di ferrovieri) in Via dei Volsci 2-4. Che ospiterà, di lì a poco, gli aggregati di lavoratori che si muovono sul terreno dell’autorganizzazione, per primi l’assemblea lavoratori/trici del Policlinico e il Comitato politico Enel; poi, via via, tutti gli altri».
L’instancabile lavoro politico di Salvatore prosegue con la fondazione del Comitato politico ferrovieri (Cpf), «con un carattere più politico e più agile. Prendemmo la sede nel quartiere di San Lorenzo, in via di Porta Labicana 12, a pochi metri da quella che era stata la prima sede del Cub, in via dei Volsci».
Il Cpf fu parte integrante dell’Assemblea cittadina che si riuniva in via dei Volsci negli anni dal 1974 al 1976 e raccoglieva gran parte dei comitati politici territoriali romani, percorso che giunse a un bivio quando al suo interno alcune componenti decisero di entrare nel percorso di fondazione della colonna romana delle Brigate rosse. Convinto che bisognasse fare di più, che servisse un altro livello di scontro e di organizzazione per rispondere ai pesanti processi di ristrutturazione, nel 1977 anche Salvatore decise di entrare nelle Brigate rosse, nonostante avesse lasciato a casa una figlia piccola, un’esperienza vissuta intensamente, senza sconti. Diede vita alla Brigata ferrovieri (leggi qui), per poi dirigere alcune brigate territoriali, come quella di Primavalle, ed entrare nella Direzione di colonna, fino all’arresto del 20 maggio 80, in piazza Cesarini Sforza.
L’ingresso in carcere inizia con una evasione mancata per un soffio da Regina coeli e poi con la rivolta di Trani a fine dicembre 1980. Seguono anni di carcere speciale, il rifiuto della dissociazione, la patologia cardiaca che si palesa, la chiusura del ciclo politico della lotta armata. Nel 1990 comincia, insieme a Prospero Gallinari, la battaglia per la sospensione pena e la possibilità di operarsi all’esterno che ottiene nel 1995. Nel marzo 1998 viene nuovamente reincarcerato. Tornerà fuori con il lavoro esterno (art. 21) come redattore di radio Onda Rossa e la collaborazione nella Fondazione Basso, riallacciando rapporti bruscamente interrotti ai tempi dell’ingresso nelle Brigate rosse. Venne quindi la semilibertà fino alla conclusione della pena nel 2010. Ai microfoni di Onda rossa era la voce, oltre che delle sue storiche rassegne stampa e del lavoro redazionale, di due trasmissioni tematiche “Parole contro” e “La conta”, che non a caso si svolgeva nell’ora della conta carceraria, dalle 15 alle 16, quando i detenuti, in tutte le carceri italiane, vengo chiusi in cella per la conta e il cambio turno della custodia. L’impegno contro il carcere è stato il filo conduttore dell’ultima parte della sua vita con l’esperienza di Scarceranda, Odio il carcere, e i libri, Solo un tratto di strada, brevi cenni sulle lotte e il dibattito nel ciclo di lotte 68-69, Supplemento a Stampa alternativa, maggio 1989, Che cos’è il carcere. Vademecum di resistenza, (Deriveapprodi 2015) (qui) e Esclusi dal consorzio sociale (qui), senza dimenticare Maelstrom, Scene di lotta di classe in Italia dal 1960 al 1980, Deriveapprodi 2011 (qui) e l’intervista biografica di Ottone Ovidi, Salvatore Ricciardi, Bordeaux 2018 (qui).
Nel frattempo non aveva smesso di sperimentare terreni nuovi, confrontarsi con generazioni lontane anni luce dalla sua storia e dal suo vissuto, alla ricerca di ogni nuova contraddizione o accenno di lotta, come l’impegno profuso per sostenere le recenti lotte della logistica, con l’umiltà e pedagogia dei vecchi comunisti, convinto che ogni scintilla potesse essere l’occasione per dare nuovamente fuoco alla prateria. Una curiosità insaziabile che negli anni 60 e primi anni 70 l’aveva portato a vagare insieme a Gabriella, sua moglie, per l’Europa con la loro Cinquecento: a Praga per vedere da vicino cosa era stata quella «Primavera», o in Algeria per conoscere da vicino l’esperienza della lotta anticoloniale, o il grande amore per la Palestina, purtroppo mai attraversata, che l’aveva portato a studiare l’arabo in carcere fino ed entrare in contatto con tanti docenti arabisti. Lo salutiamo con le parole di un giovane compagno, perché Salvatore, Salvo per noi tutti, era questo: «Supermariobros delle autogestioni delle nostre scuole, spacciatore di Smemorande, instancabile divulgatore dell’abolizionismo tra noi ancora adolescenti, seminatore di fondi di pipa, procacciatore di introvabili numeri di dimenticate riviste. Il racconto della via prima che fosse la via, di Trani prima e dopo Trani, la spiegazione paziente della centralità della contraddizione capitale-lavoro ai nostri sguardi ebeti. Il rifiuto di sentirsi reduce, l’umiltà di sentirsi sempre un compagno tra i compagni, la curiosità incomprensibile per le nostre farneticazioni. Grazie».
Un abbraccio alle sue donne, la figlia Nicoletta, Gabriella, le sorelle Mariolina e Cloti, la sua compagna Tania. Un ricordo alla sua mamma, Claudia, morta mentre Salvo era in carcere e il permesso per assistere al funerale arrivò, come una beffa, solo il giorno dopo.

Ciao Salvatore

Storia di Salvatore
Brigate rosse, una storia che viene da lontano. Maelstrom, Scene di lotta di classe in Italia dal 1960 al 1980, il libro di Salvatore Ricciardi
Dai Cub alla Brigata ferrovieri
Contromaelstrom.com, il blog di Salvatore Ricciardi
Radiocane.info/ Salvatore Ricciardi

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