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“Dal Governo sull’ex Ilva un giochino irresponsabile che rischia di far saltare il lavoro di anni sulle bonifiche. Noi siamo dalla parte della città, dei suoi abitanti, di un territorio compromesso da interessi di bottega e da speculazione politica, oggi stretto dalla morsa dei litigi tra Lega e 5Stelle“.“Per noi le priorità sono ambiente e lavoro, insieme, senza alibi per nessuno. Oggi il Governo sta rigettando nell’incertezza Taranto rendendo il piano ambientale non più percorribile, dopo un percorso che ha visto negli anni scorsi il commissariamento governativo dell’azienda che ha consentito di salvare la produzione, tutelare i lavoratori e avviare con 1 miliardo di euro circa il piano di riambientalizzazione. “Anche sul percorso di decarbonizzazione in Europa, Lega e M5S dicono cose diverse e non si capisce qual è la posizione italiana“.

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Lunedì 1 luglio 2019 alle ore 20.30 in piazza Grimoldi a Como chiediamo a tutte e tutti di partecipare a un presidio, così come era stato il 3 ottobre 2018 in solidarietà con il sindaco di Riace Mimmo Lucano, per esprimere il nostro sostegno a Sea Watch, a Carola Rackete, all'equipaggio, per riaffermare il nostro dovere di solidarietà e di accoglienza nei confronti di uomini e donne migranti.Non è facile, in tempi come questi, appellarsi alla legge.La legge dovrebbe essere uguale per tutti – così almeno recita la frase che campeggia sulle pareti di tutti i tribunali. Ma la legge – qui, ora – non lo è più. Non lo è per le persone che migrano, non lo è per le persone e le organizzazioni che cercano di ridurre il danno, soccorrendole e accogliendole.Eppure, anche in tempi come questi, osiamo appellarci alla legge.
All’antichissima legge del mare che IMPONE di salvare i naufraghi e di portarli in un porto sicuro, non di limitarsi a compilare statistiche delle vittime, non di riportarli lì dove ha avuto origine il loro dramma. Una legge che ha trovato spazio nelle convenzioni internazionali che anche lo Stato italiano ha sottoscritto.
Alla legge costituzionale italiana (nata dalla lotta contro il fascismo, il nazismo, il razzismo) che all’articolo 2 PROCLAMA il dovere della solidarietà: «La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

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Giovedì 27 giugno è stato approvato al Senato, e dunque definitivamente convertito in legge, il cosiddetto decreto Crescita.
Come abbiamo più volte denunciato l'art. 24 di tale provvedimento stabilisce la privatizzazione dell'EIPLI, l'ente che gestisce le grandi opere idrauliche come invasi, opere di captazione di sorgenti e centinaia di chilometri di reti di adduzione tra Puglia, Campania e Basilicata. Si prevede, infatti, il trasferimento delle infrastrutture ad una neocostituita società per azioni che, com’è noto, è un ente di diritto privato. Una privatizzazione che viene da lontano. L'attuale maggioranza ha diligentemente svolto i compiti assegnati da governi precedenti a partire da Prodi nel 2007, passando per Monti, per finire con Gentiloni. Con l’approvazione di questo decreto è stato segnato l'ennesimo passaggio in continuità con il passato, con quel pensiero unico che pervade gran parte delle forze politiche da oltre 25 anni e che individua nel mercato l’unico regolatore sociale. Lo ribadiamo ancora una volta: la storia ha insegnato che la clausola tramite cui provare a blindare la partecipazione pubblica, imponendo il divieto di cessione a privati delle quote azionarie, è un argine fragile travolto sistematicamente nel passato.
Si tratta di una mera foglia di fico da parte di chi lo ha proposto, il M5S, attraverso cui provare a nascondere quella che assomiglia sempre più all’assenza di una reale volontà di procedere verso una gestione pubblica, partecipativa, ambientalmente ecocompatibile, con tariffe eque per tutti i cittadini, che garantisca gli investimenti fuori da qualsiasi logica di profitto e i diritti dei lavoratori.
Risulta evidente che gli argomenti utilizzati a difesa di questa norma sono gli stessi propagandati negli anni da tutti coloro che hanno contrastato i referendum prima e l'approvazione della legge d'iniziativa popolare poi.

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Assistiamo sgomenti e disgustati al braccio di ferro sulla vita dei migranti della Sea Watch, mentre il ministro dell'Interno schernisce in modo intollerabile la capitana della nave e un ex ministro della Repubblica, Giorgia Meloni, avanza l'incredibile proposta di "affondamento".
È una mostruosa regressione di civiltà, oltre che di umanità, da parte di personaggi che dovrebbero dare un esempio di responsabilità e di senso delle istituzioni. La legge “sicurezza” dimostra sempre di più il suo vero volto xenofobico, oltreché la sua impotenza: il porto di Lampedusa rimane chiuso solo per le Ong, ma gli sbarchi continuano. È una guerra privata del ministro, dopo che le pretestuose accuse contro le Ong stesse si sono sgonfiate come bolle di sapone.

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