1. La politica ha leggi proprie, anche se pensare di isolarle dal contesto socio-economico sarebbe errore gravissimo. Tra le leggi della politica vi è quella che impone di svolgere una lettura per quanto possibile realistica della situazione di fatto, delle forze in campo. Si valutano gli eserciti schierati, indipendentemente dal fatto che si parteggi per l'uno o per l'altro di essi.
2. Ebbene, per quanto il governo Letta si possa e si debba criticare (personalmente sono stato per “la soluzione Rodotà”, con tutte le consguenze possibili del caso sul piano del Governo), come si può e si deve creticare il governo Napolitano, ché siamo ormai in una Repubblica presidenziale, non si può negare che sul piano strettamente politico Napolitano-Letta abbiano ottenuto un risultato importante: hanno cioè spaccato il PDL, mandando Forza Italia all'opposizione e non hanno interferito con le decisioni della magistratura sul caso Berlusconi, che è dovuto uscire dal Parlamento. Di fatto sta nascendo, pur tra mille contraddizioni, una destra non dico liberale, ma comunque emancipata dal “partito-padrone”.
Non solo ritengo il governo Letta-Napolitano molto criticabile sul piano della politica economica, ma ritengo anche che da un punto di vista strettamente politico la strategia di Napolitano sia stata decisamente sbagliata: perché, con tutta la sua azione, anche quella precedente al varo della maggioranza PD-PDL, ha (momentaneamente) sconfitto Berlusconi per sfinimento, sfinendo, al contempo, il Paese, cioè minandone gravemente le fondamenta democratiche e sociali.
In ogni caso è un mero dato di fatto che oggi Berlusconi è molto più deole di un tempo e che la sua compelssiva posizione non è paragonabile a quella di prima. Si tratta di un dato di fatto che non cambia anche se si considerasse l'azione di Napolitano non come una preordinata strategia, come propongo in questa mia analisi guardando con una certa generosità all'operato del Presidente della Repubblica, ma come una politica sostanzialmente subita dallo stesso Napolitiano (è la testi di M. Travaglio, sul Fatto quotidano del 19-1-2014) e dovuta, in ultima analisi, alle vicende giudiziarie di Berlusconi, che sarebbero intervenute a bloccare un intreccio di interessi tra PD e PDL consolidatosi nel tempo.
3. E' altrettanto chiaro che, dal punto di vista politico, e questa volta anche economico e sociale, sarebbe fondamentale, ora, proseguire l'azione di sfarinamento dell'avversario.
La politica è anche rapporti di forza e conquista quotidiana di nuovi equilibri. Si dovrebbe cioè incoraggiare il più possibile la nascita di una destra finalmente presentabile ed europea, magari, ma questa è una speranza mia personale che non credo trovi minima eco nel PD, togliendo ossigeno anche alla destra più estrema avviando il Paese verso un deciso e nuovo New Deal e abbandonando le assurde e contraddittorie “politiche di rigore” e di “privatizzazioni” fin qui seguite.
4. Ebbene, con una serie di argomenti davvero risibili (tutti rimasti legati alla situazione precedente all'uscita di Berlusconi dal Parlamento), Renzi, e il “nuovo, giovanissimo cerchio magico” (la nuova segreteria), sta facendo l'esatto contrario di quanto ci si potrebbe aspettare dalla logica puramente politica.
Renzi ridà legittimità politica e morale ad un leader delegittimato sotto ogni punto di vista (e che all'estero suscita solo incredulità). Ridà fiato politico ad un avversario che ha concepito (con la Lega) l'attuale legge elettorale, incostituzionale. Taglia l'erba sotto ai piedi del governo Letta-Napolitano, l'unico che abbia ottenuto (obtorto collo o meno) una vittoria su Berlusconi, e taglia l'erba sotto i piedi della neonata destra-senza-Berlusconi, un possibile embrione di destra “presentabile”. Taglia i piedi allo stesso PD, sempre più ridotto ad un partito personale, come lo sono gli altri, passati e presenti: SEL (il cui percorso risulterebbe davvero curioso, visto che è di questi giorni la notizia di una possibile fusione col... PD!), FI, IDV, M5S, ecc.: tutti “partiti proprietari”, che, una volta messo fuori gioco “il padrone”, implodono. Renzi taglia i piedi alla rinascita sociale del Paese, spacciando per “riforme” un vieto “decisionismo” (lo ha sottolineato A. d'Orsi) che, incredibile a dirsi, insiste sulla “governabilità”, “il bipolarismo” eccetera come panacea per la crisi, quando dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che “la governabilità” e le “riforme istituzionali” e il “bipolarismo” sono stati uno dei fattori che hanno concorso a questa crisi, consentendo ad una minoranza di imporre al Paese politiche economiche scellerate. Renzi taglia i piedi a quel poco di democrazia che ancora rimane nel Paese, perché con la sua azione - le “riunioni di segreteria”, gli incontri extra-parlamentari tra leader, anche non-parlamentabili - delegittima il Parlamento (già un'ombra di se stesso), che del resto vuole trasformare in qualcosa di davvero curioso, e comunque superfluo, attravero l'abrogazione del Senato. Renzi rimette in gioco l'avversario, proprio all'approssimarsi, inevitabile, della successione a Napolitano, dischiudendo scenari inquietanti di futuro presidenzialismo. Renzi taglia i piedi alla politica, che nelle azioni del fiorentino, conferma di essere l'arena di gruppi che si battono esclusivamente per l'esercizio del proprio potere, a presciendere da qualsivoglia ragionamento sull'interesse generale e nazionale. Renzi taglia i piedi alla democrazia perché ribadisce la filosofia istituzionale fin qui seguita dal PD e dal PDL: e cioè che le “minoranze” siano d'impaccio come d'impiccio, di fatto e in barba alla lettera e allo spirito della Costituzione, siano i diritti individuali inviolabili (che Renzi rubrica sotto il termine “ricatto delle minoranze”), come quello di avere una rappresentanza politica realmente operativa e non (al limite) di mera testimonianza.
5. L'elenco potrebbe continuare. In una parola: ancora una volta, proprio quando l'avversario, per motivi in larga parte oggettivi (la magistratura, l'ostilità dei Governo occidentali, la crisi economica e sociale, gli scandali di varia natura, l'inefficienza eccetera) e non dipendenti, principalmente, dall'azione politica degli schieramenti in campo, appare debole e in difficoltà, quando l'avversario è al minimo storico della propria forza; ancora volta, dicevo, il PD corre in aiuto dell'avversario, lo rafforza, lo invita a disegnare gli scenari futuri pur avendo avuto quotidiana esperienza che quegli scenari l'avversario li ha disegnati sempre ed esclusivamente a suo personalissimo interesse, avvitando il Paese in una crisi gravissima.
6. Rimane da sperare che tanto assurdo e cieco e interessato “decisionismo” trovi, ad un certo punto, un muro invalicabile nel Presidente della Repubblica, il cui comportamento futuro sarà decisivo per comprendere se Napolitano ha subito o ha cercato la sconfitta (momentanea) di Berlusconi.
Rimane, infine, da sperare che tanto assurdo e cieco e interessato “decisionismo” trovi, in sede di legiferazione sulla legge elettorale, un muro invalicabile nel Parlamento e nei parlamentari, che dovrebbero ricordarsi che non esiste alcun vincolo di mandato e che la catena di comando propria dei “partiti proprietari” si può e si deve rompere, ove e quando necessario; che si può e deve rompere non solo, come spesso hanno già fatto, per interessi che in ogni modo si possono chiamare tranne che "generali e nazionali".