Una crisi pilotata dalla BCE e dai nazionalismi tedesco, francese e americano,
pubblicato su MicroMega, 3 novembre 2011
di Luca Michelini
www.lucamichelini.eu
Napolitano quando ha potuto, e avrebbe dovuto, non ha consentito che la destra si liberasse del suo leader (come personalmente ho auspicato dalle pagine del “Ponte”): ricordiamo tutti quando il Presidente della Repubblica ha di fatto dato un mese di tempo a Berlusconi per ricostruire, parlamentare dopo parlamentare, la propria maggioranza. E osservo altresì che allora non c’era la stessa emergenza che c’è oggi e quindi la dialettica politica si sarebbe potuta articolare in modo molto meno drammatico di quanto invece si svolge ora. Invito però altresì ad osservare che il ricorso alla “emergenza” caratterizza la nostra vita pubblica da tantissimo tempo: la drammatizzazione dei momenti politici, operata richiamandosi a qualche fattore “esterno” ineludibile (ricordate? le stragi di mafia, l’attacco alla moneta nei primi anni ’90, “Manipulite” e lo sfascio del nostro sistema elettorale, ora questo pilotato attacco della speculazione ai nostri BOT… ), è sempre stata funzionale a ben determinate politiche: in estrema sintesi proprio quelle politiche liberiste che sono all’origine della crisi attuale: privatizzazioni, liberalizzazioni (anzitutto dei mercati finanziari), smantellamento del welfare, profonda incrinatura delle regole democratiche (riforme istituzionali ed elettorali oligarchiche). Ora, basta scorrere i quotidiani di questi giorni per rendersi conto di come l’invocazione di “governi di salute pubblica” non sia altro che un tentativo di subordinare, un’altra volta, il nostro Paese sia ad interessi di altri paesi (Francia, Germania, Stati Uniti), sia a politiche economiche votate al sistematico smantellamento del nostro apparato industriale e sociale: e rimando agli interventi di teorici del "liberismo di sinistra”[2] come Michele Salvati[3] e Nicola Rossi[4], che dal PD è approdato, nel frattempo e significativamente, a… Montezemolo.
Quale è il dramma che vive una destra incapace di liberarsi di Berlusconi? Sarebbe ora complicato riassumere questo dramma, che poi è il dramma della nostra democrazia; ma per rimanere al tema della crisi in corso mi limito ad una osservazione, peraltro già fatta: il dramma consiste nel fatto che oggi l’Italia ha tremendo bisogno di intervento pubblico, ma, visto il potere di Berlusconi, questo intervento pubblico oggi si tradurrebbe in una sorta di patrimonializzazione privata dello Stato ad opera appunto di Berlusconi[5]. Nota bene su “Affari&Finanza” Roberto Mania che il tentativo di salvaguardia nei confronti p.es. della Francia della italianità del nostro sistema industriale operato da Tremonti è terribilmente timido e inefficace[6]. Personalmente sono agli antipodi del pseudo-mercantilismo di Tremonti, che di fatto fa leva solo sull’evasione fiscale e quindi contribuisce potentemente alla distruzione del nostro tessuto istituzionale, sociale ed industriale: ma come non capire che l’attacco ad alcuni degli uomini di Tremonti, attacco operato per via giudiziaria e nel merito del quale non ho nulla da dire (aspettando i risultati delle inchieste), come non capire, dicevo, che questo attacco è il risultato anche di un durissimo scontro all’interno del governo?
Perché invece di favorire l’emancipazione della destra da Berlusconi, ovviamente via Tremonti, si preferisce invocare l’unità nazionale e i governi di salute pubblica? Intanto osservo che un governo di salute pubblica violerebbe il risultato delle elezioni e vivremo l’inaccettabile situazione di un governo non deciso dal voto, ma da un Parlamento ricattato “dai mercati”. Tecnicamente saremmo ancora in una democrazia parlamentare: ma è inutile nascondersi che il ginepraio oligarchico partorito dalla Seconda Repubblica in tema di sistemi elettorali è tale che questo governo non avrebbe di fatto alcuna legittimazione politica. In secondo luogo osservo che l’unità nazionale sarebbe un modo per rendere meno drammatico e complicato il distacco della destra dal suo leader: un conto è appoggiare un governo tecnico, un conto è cambiare leader. In terzo luogo un governo d’unità nazionale renderebbe più difficile la nascita di uno schieramento finalmente capace di rifarsi integralmente alla nostra Costituzione e alla migliore tradizione occidentale, quella che da Marx arriva fino a Keynes, senza la quale né si capisce il meccanismo della crisi in corso (le sue cause), né si possono concepire i rimedi realistici da proporre, anche con le dovute innovazioni. In quarto luogo è chiaro che sono in diversi nell’opposizione ad avere una paura tremenda dei possibili risultati elettorali. In conclusione: temo che “l’unità nazionale” potrebbe partorire un governo incapace di rilanciare il tema de una diversa Europa dall’attuale e, perciò stesso, incapace di resistere alle spinte nazionaliste di Francia, Germani e Stati Uniti. Un’altra stagione di privatizzazioni, liberalizzazioni (dei mercati finanziari e del mercato del lavoro), smantellamento del welfare e del nostro sistema democratico porterebbe alla definitiva semi-colonizzazione del nostro Paese, in un quadro geopolitico sempre più votato a scaricare gli effetti della crisi sulla conquista neo-coloniale dei mercati.
Ma poi, chi sono questi mercati? Dice bene Oscar Giannino a proposito dell’accordo europeo partorito qualche giorno fa: “Un accordo che salvaguarda le banche tedesche e francesi, escludendo dal maggior capitale richiesto i titoli illiquidi di cui sono piene a differenza delle nostre, e che calcolando invece i titoli del debito pubblico al prezzo di mercato è un invito alle banche italiane a liberarsi dei titoli pubblici nostrani”[7]. E davvero venuto il momento di ricominciare a ragionare, per riprendere un importante testo dello storico Leonardo Paggi, di “mercati e interesse nazionale”[8].
I quotidiani italiani amano ricondurre questa crisi al solo Berlusconi: si tratta di una ben studiata strategia. Proprio perché sono apertamente e dichiaratamente antiberlusconiano[1], mi permetto di osservare che il problema oggi non è affatto solo Berlusconi.
Intanto osservo che
[1] Rimando, tra gli altri, ad un mio testo apparso su “MicroMega”: http://temi.repubblica.it/micromega-online/berlusconi-neoliberista-e-criminale-un-quadro-senza-cornice/
[2] Cfr. L. Michelini, La fine del liberismo di sinistra, 1998-2008, Firenze, Il Ponte editore, 2008.
[3] Cfr. Salvati: solo un esecutivo di emergenza può varare scelte forti e impopolari, “Il Messaggero”, 2 nov. 2011, p. 5.
[4] Cfr. Rossi: governo di salute pubblica, “ItaliaOggi”, 2 nov. 2011, p. 3.
[5] Cfr. L. Michelini, Dallo Stato-imprenditore all’imprenditore-Stato: http://www.ilponterivista.com/article_view.php?intId=68
[6] R. Mania, Da Parmalat a Edison il capitalismo italiano è colonia francese, 31 ott. 2011: http://www.repubblica.it/supplementi/af/2011/10/31/copertina/001tinos.html
[7] O. Giannino, Il salvagente della Banca d’Italia, “Il Messaggero”, 2 nov. 2011, p.1.
[8] L. Paggi, introduzione Un’altra Italia in un’atra Europa. Mercato e interesse nazionale, a cura di L. Paggi, Carocci, Roma, 2011.