Il Presidente del Comitato ANCHISE, Antonio Burattini - Un anno fa, abbiamo assistito impotenti, scioccati e con il cuore in gola, alla più grande catastrofe che ha visto coinvolti gli anziani più fragili. Quelli che l’Italia l’hanno fatta, sorretta e mandata avanti con le loro fatiche, ci lasciavano. Immagini di camion militari che trasportavano bare ai forni crematori, deprivati dei propri nomi, ridotti a numeri.
Senza un fiore e senza il diritto al saluto finale, colonne di ambulanze che trasferivano nella notte anziani spaventati colpiti dal virus, infettati nelle strutture RSA. Come dimenticheremo? Come dimenticheremo le immagini dei pasti lasciati sui davanzali mentre dentro i nostri
cari erano stati abbandonati. Come potremo perdonare? Come restituiremo loro giustizia e verità?
Dopo un anno sappiamo che molti di loro potevano essere salvati.
Dopo un anno apprendiamo che nulla è stato fatto per evitare che il costo della pandemia continui ad essere pagato sulla pelle delle persone più fragili.
Dobbiamo ricordarlo che erano persone, che sono persone già penalizzate per gravi patologie e costrette a dover vivere nelle strutture. Anziani e non, ragazzi diversamente abili con disfunzioni/malattie invalidanti,
colpiti da un destino già amaro. Sono i “figli di un Dio minore”.
Prima della pandemia da Sars Covid19 all’interno di queste strutture (RSA – RSD - CRA) se pur da sempre con molte criticità, i nostri familiari hanno trovato anche protezione, sono stati curati, potendo continuare
la loro vita sostenuti e con progetti di mantenimento/miglioramento cognitivo e psicomotorio. Tutto questo senza doversi privare della cosa più importante e base della motivazione, che è l’amore, la
relazione. Così come illustri pedagogisti, psicologi e clinici da sempre affermano. Per andare avanti si ha bisogno di una forte motivazione, si ha bisogno dell’affetto, dell’amore dei propri cari. Si ha il diritto
all’affettività.
Ciò che invece è accaduto all’interno delle strutture, proprio in un momento in cui i pazienti erroneamente detti “ospiti” avrebbero dovuto trovare maggiore protezione e rassicurazione, sono state le oltre 9000
persone decedute per problemi connessi direttamente o indirettamente al coronavirus. Ce lo conferma l’indagine Iss conclusa a giungo 2020 (https://www.iss.it/covid-19-primo-piano/-
/asset_publisher/yX1afjCDBkWH/content/conclusa-l-indagine-sulle-RSA Iss tra Feb.Apr.2020) Decine di migliaia dei ricoverati nelle strutture sono stati contagiati, nonostante le dure condizioni di
isolamento a cui sono stati costretti nel corso di questo anno per “proteggerli”. Protezione solo dai loro cari!
Da una stima risulta che oltre il 30% dei morti in Italia (ad oggi quasi 100.000) sono avvenute all’interno delle strutture per anziani e disabili, appunto RSA, RSD e CRA. Purtroppo il numero potrebbe addirittura
essere maggiore rispetto alla rilevazione, in quanto l’Italia rappresenta uno dei pochi paesi al mondo dove non vengono forniti dati dagli organismi preposti (ASL – AST – USSL ecc.) tantomeno dal Ministero della
Salute.
Questo è un atto gravissimo perché non consente di capire la portata del dramma che si sta verificando
all’interno delle sopracitate strutture. Una cosa è certa e deve essere affrontata una volta per tutte: quanto
è accaduto e sta accadendo rivela l’inadeguatezza del nostro Sistema Sanitario Nazionale, evidenzia le
criticità legate ai regimi privatistici che mirano al profitto e al becero risparmio, con tagli continui alla Sanità
pubblica, tagli irresponsabili sulla pelle delle persone.
Ciò a cui assistiamo, patiamo, costituisce la reale conduzione del sistema delle cure in Italia. La
mercificazione della salute, la netta riduzione della medicina territoriale, la cartolarizzazione (quindici anni
fa l’operazione Sa.Nim per coprire i disavanzi pregressi delle Asl) la chiusura degli ospedali pubblici, nel
Lazio l’eccellenza per le malattie polmonari : ospedale Forlanini, la privatizzazione delle RSA sulla pelle dei
più fragili.
Vogliamo ricordare anche che le RSA prima dell’aziendalizzazione della sanità, erano strutture pubbliche.
Con le privatizzazioni oggi la gestione delle strutture residenziali assistenziali, sono in mano ai dirigenti, che
nonostante la partecipazione dei fondi pubblici regionali, continuano a decidere autonomamente come
gestire i rapporti tra pazienti ricoverati e i loro parenti. Che in molti casi non hanno amministrazioni
trasparenti, che non si assumono responsabilità, tantomeno i costi per presidi sanitari protettivi, per
garantire la continuità affettiva ai loro “clienti”.
Dirigenti che hanno, in molti casi, presumibilmente commesso degli errori. Sono molte le inchieste aperte,
5 in Lombardia, ma ancora oggi nessuno si assume la responsabilità di fermare questo scempio. Nessuno
vuole, a questo punto è doveroso dirlo, progettare una revisione della gestione sanitaria, soprattutto delle
Residenze sanitarie assistenziali. Nessuno riconsidera i “Lea” livelli essenziali di assistenza, che sono carenti
per le persone non autosufficienti, che avrebbero dovuto essere riconsiderati già da tempo. Nessuno parla
di prevenzione e dopo un anno durissimo ancora qualcuno si copre dietro la inaspettata pandemia. Ciò che
sappiamo è ancora non si è corso ai ripari. Nulla di fatto se non la retorica dei “sacrifici” e la trasformazione
in ordine pubblico la questione sanitaria.
Eppure noi i sacrifici li abbiamo fatti. I Dpcm, nostro malgrado, rispettati. Noi e i nostri parenti siamo stati e
continuiamo ad essere la carne sacrificabile. Per mesi, ormai un anno, 365 giorni siamo stati deprivati del
diritto di assistere i nostri cari, restargli accanto. Costretti a vederli da vetrate, finestre, tablet. Nessuna
carezza ha sfiorato la pelle di chi ci ha messo al mondo. Di chi amiamo o di chi abbiamo messo al mondo!
Nessuna risposta concreta, nessuna volontà di “aggiustare il tiro” nonostante articoli, appelli, che dal 5
marzo 2020 si sono moltiplicati da parte di familiari, Comitati e Associazioni.
Richieste legittime di attenzionare le condizioni di vita degli ospiti delle strutture, segnalazioni di carenza
grave del personale, cessazione delle attività significative. Improvvisamente anziani e diversamente abili
“colpevoli” di fragilità. Puniti e rinchiusi, esclusi dalla vita di relazione, dal conforto e della vicinanza dei
propri congiunti, proprio in un momento tanto traumatizzante per tutti.
Neanche la lettera aperta al Presidente della Repubblica del 6 Gennaio 2021 sembra essere stata degna di
interesse. Gli incontri del Comitato ANCHISE presso il Ministero della Salute, i richiami alle Aziende
Sanitarie, alle Regioni, le linee guida del Ministero della Salute e la Circolare del 30 novembre 2020 è stata
quasi sempre disattesa da parte dei direttori sanitari delle RSA, anzi in alcune realtà la situazione è
addirittura peggiorata. In molti casi noi parenti, di fronte alle nostre richieste e preoccupazioni, ci siamo
sentiti dire “se non vi va bene così trovate altre strutture”.
“Proteggiamo gli anziani” ci hanno ripetuto i media e i nostri politici, abbiamo visto pubblicità “suggestive”
di anziani avvolti da tende di plastica che evocano le fantasiose stanze degli abbracci, che tuttavia poche
strutture hanno adottato. La verità è che nulla è cambiato, neanche possiamo ricevere le comunicazioni
sullo stato di salute dei nostri familiari, dove in molte strutture le comunicazioni sono difficili e conflittuali.
Non si ha più il diritto di conoscere lo stato di salute dei nostri parenti, spezzati i legami. Non possiamo più
monitorare dove e come stanno vivendo.
Una cosa però sappiamo per certo, perché neanche un tablet o una finestra di vetro può nasconderlo, lo
stato di solitudine e inattività è dannoso per la loro salute. Sono stanchi e provati, si lasciano andare, sono
peggiorati. Già, perché non si muore di solo Covid.
In data 13 novembre, la nostra prima mobilitazione sotto il Ministero della Salute, occasione che ci ha dato
la possibilità di consegnare una piattaforma contenente le nostre istanze. In tale circostanza abbiamo
richiesto un incontro urgente con la Conferenza Stato Regioni, per rappresentare i bisogni dei nostri
parenti. Per domandare normative univoche e inequivocabili, non arbitrarie, da parte dei direttori delle
strutture. Incontro non ancora accordato. Ma di una cosa siamo certi, noi andremo avanti.
Per tutto ciò chiederemo conto ai Presidenti di Regione, agli Assessori Regionali e soprattutto ai Direttori
Generali delle ASL.
Lo chiederemo perché se dobbiamo proteggerli allora perché il Governo non ha previsto alcun capitolo, nel
Recovery Plan, che sia destinato al miglioramento della gestione delle RSA e RSD. Nessuna previsione di
stabilizzazione del personale, che nel corso degli ultimi mesi si sono messi in fuga da questi luoghi visti i
contratti precari e il forte turn over non certo positivo né per i lavoratori né per chi in queste strutture ci
vive.
Nonostante il silenzio assordante e l’indifferenza delle Istituzioni, il Comitato ANCHISE, in rete con le altre
Associazioni e agli altri Comitati continuerà con convinzione a rivendicare i Diritti sociali, la dignità umana, il
diritto alla salute.
Continueremo a mobilitarci con sempre maggiore determinazione perché lo dobbiamo a tutti coloro i quali
continuano a vivere ogni giorno in condizioni di degrado e solitudine, lo faremo per chi non ce l’ha fatta,
vinto da un sistema che non sa proteggere e non sa curare. Lo dobbiamo agli anziani di domani, perché la
vecchiaia e la fragilità riguarda ciascun individuo che abita questa terra.
Lo faremo perché non basta ricordare, e non serve la memoria se dalla storia non si impara.
Certi di un Vs. riscontro in merito per ricordare, porgiamo
Cordiali saluti