di Luca Michelini
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1. E così Cantù ospiterà i lavori dell'internazionale neo-fascista: incredibile a dirsi, ma “Lavori in corso”, il raggruppamento politico che sostiene la giunta del sindaco Claudio Bizzozzero, sostiene la scelta, in nome della... libertà e della nostra Costituzione! Se poi è vero che il sindaco aprirà i lavori dei nazisti, come sostiene (spero a torto) il quotidiano “La Provincia”, allora saremo di fronte a qualcosa di ancora più grave.
2. E' noto come il sindaco abbia utopie e velleità antiglobalizzazione: cerca, cioè, di “proteggere” il laborioso comune di Cantù (una delle fucine della Nazione) dalle devastanti conseguenze della crisi e dell'ampliamento su scala mondiale dei mercati. Se non sbaglio, si tratta di idee che hanno cercato una realizzazione: il Sindaco ha promosso alcuni provvedimenti di stampo sociale di questo tipo: attribuire, ad associazioni locali, lavori pubblici di piccola entità (lo consente la legge); affidare a pensionati (spero non etnicamente certificati...) appezzamenti di terreno (“per accorgiare la filiera” della produzione alimentare) altrimenti appetito di progetti speculativi-immobiliari (per ora poco attivi, del resto); se non ricordo male, il Sindaco ha voluto stabilire un rapporto con Paolo Barnard, un giornalista neo-nazionalista anti-globalizzazione e anti-euro.
3. Beninteso: si tratta di aspirazioni che, per quanto confusamente, dimostrano coraggio e, per certi versi, preveggenza. Bizzozzero è persona capace e volonterosa, animata da sincera volontà di servizio e d'ascolto: uno dei frutti, probabilmente, dal cattolicesimo di base lombardo: ormai l'unica scuola politica rimasta in Italia. L'esploit elettorale di “Lavori in corso”, infatti, è frutto non solo della abilità dei militanti, ma anche della decomposizione generale del nostro tessuto politico e istituzionale: la decomposizione della Prima Repubblica e delle culture politiche che hanno edificato la democrazia.
4. Questa decomposizione ha lasciato i ceti produttivi – dai dirigenti agli operai – senza una adeguata rappresentanza politica, che vuole una formazione d'alto livello (e formazione significa non solo studi – che ci vogliono, sia chiaro –, ma anche esperienza delle cose e della vita, non solo locale, e una visione storica non banale della Patria). E così il movimento operaio (oggi modificatosi, certo: ma il paese vive sul lavoro che produce ricchezza), abbandonato dalla sua cinica e machiavellica élite politica, riciclatasi al servizio dei dominatori neo-liberisti di turno o del salottismo pseudo-rivoluzionario, prima si è dato al leghismo e al berlusconismo ed ora, forse, approderà anche più a destra, una volta esauritesi il ciclo delle (salutari e imprenditorial-politiche) improvvisazioni politiche come Italia dei Valori e Grillo. La borghesia poi, in ogni sua espressione (piccola, media, grande, industriale o finanziaria o terriera, di prima, seconda o terza generazione), in quanto ceto di governo ha dato, e continua a dare, i frutti che vediamo quotidianamente: quelli del pressapochismo d'avanspettacolo, faccendiere, cortigiano e di provincia, oppure del familismo in canottiera celtica, dei più inconcludenti perfino sul piano amministrativo, se non per il veleno civico della xenofobia che è stato in grado di diffondere come un morbo. Il berlusconismo, del resto, è una sorta di apoteosi caricaturale della “brianzolità”, cioè di quell'impasto che vediamo pietrificato e cementificato in tutto quel villettume a Nord di Milano che fece inorridire il grande Gadda fin dal primo apparire.
5. Immaginiamo che una cittadina come Cantù dovesse dar vita ad una sorta di Repubblica Autonoma Nazional-Socialista del Mobile. Il suo impasto sociale potrebbe risultare il seguente: “goffratura” a 2,5 euro all'ora, in nero, agli immigrati magrebini (anche assimilati con diritto di voto amministrativo); cartolarizzazione made in “banca radicata sul territorio”, ma con “bond territoriali” anti-speculazione; protezionismo di quartiere dei mercati e delle filiere, ora del mobile ora del vitto ora di chissà che (dell'idroponica?), in vista della “conquista” distrettuale-di-rete dei mercati orientali, soprattutto cinesi, dove i lavoratori non hanno ferie, spesso non mangiano e talvolta nemmeno respirano: come da vulgata imprenditoriale comasca (però ci sono un milione di “nuovi ricchi” da “brianzolizzare”); “cattolicesimo sociale” votato alla povertà, perché “troppo ricchi” ora è brutto (almeno in pubblico e a meno che non si appartenga a certe cerchie), e ad un sano confessionalismo, ma caritativo (siamo tutti uguali, a scuola il grembiule deve coprire le brutte disparità sociali, che turberebbero i sonni dei piccini); introduzione graduale di una moneta locale, poniamo il Mobil, d'ebano, con l'effige D.O.C. del mobiliere (meglio di castano, che si produce in loco, e che all'occorrenza serve per riscaldarsi e dura nel tempo); sgombero forzato dei supermercati (Coop, ma non solo) che hanno “invaso” il territorio "nazionale" (quello che arriva alla provincia Monza-Brianza); e via di questo passo. E' chiaro che, al di là della polemica locale e localistica, se ci trovassimo di fronte a tutto questo, e se tutto questo cominciasse ad ammiccare allo squadrismo d'importazione e di borgata, allora si tratterebbe dell'ennesimo fallimento dei nostri cosiddetti e auto-spacciantesi ceti dirigenti, di destra o di sinistra che essi siano e che attualmente governano (si fa per dire) il Paese.
Ché antifiascisti si è non solo, e direi non tanto (e comunque assai poco), nell'applicare alla lettera il dispositivo legale antifascista – per altro in un Paese dove la parola legalità sembra una bestemmia – o sdilinquendosi nel reducismo memorialistico, ma impedendo, con gesti e con politiche concrete e lungimiranti, che le condizioni del fascismo si ripresentino.