Sull’episodio di via Giussani-via Grilloni della notte del 29 maggio scorso, quando alcuni colpi di pistola sono stati esplosi contro Samir Bourobaa, un lavoratore immigrato da più di quindi anni a Como, continua un colpevole silenzio da parte dell’amministrazione e delle autorità di polizia. Non si è colta – ci pare – la gravità dell’episodio; non sono giunti alla vittima dell’aggressione segnali espliciti di solidarietà, con le poche eccezioni delle forze di sinistra da sempre attente alle problematiche dell’immigrazione. Ma, ben sapendo che questa vicenda è evidentemente collegata all’intolleranza contro i migranti, dovrebbe essere chiaro che ci riguarda tutti da vicino: è il sintomo evidente di una progressiva degenerazione del clima che si respira in città. Quando si comincia a sparare (anche ammesso che le cartucce fossero caricate a salve), si finisce comunque male: si spara per spaventare, poi si spara per ferire, infine ci sarà qualcuno che si sentirà legittimato a sparare per uccidere. Non è ancora successo – è vero –, ma non è il caso di aspettare che succeda davvero per reagire.
Viceversa, anche i quotidiani locali più “autorevoli” tendono a minizzare e anzi vorrebbero trasformare l’episodio di intolleranza e violenza in una lite finita un po’ storta.
Abbiamo riparlato con Samir, rientrato a Como in questi giorni dopo un breve soggiorno in patria, dove si è recato per rassicurare la famiglia e i parenti. È ancora visibilmente scosso, ma non ha nessuna intenzione di mettere a tacere la cosa: nega recisamente che si sia stata una lite, nega di aver scambiato insulti con l’aggressore, nega di averlo visto da vicino.
Non capiamo perché si cerchi di accreditare coi “si dice” una versione lontana dalla realtà, invece di cercare di capire quale sia il contesto di quanto successo, invece di far crescere rapporti di convivenza con la comunità musulmana, invece di lavorare per migliorare le condizioni di vita di un intero quartiere – quello di Rebbio – che in questi anni ha vissuto intensamente il fenomeno dell’immigrazione e che ha cercato di rispondere in maniera costruttiva.
Evidentemente questo clima di accoglienza non piace a qualcuno, che è disposto anche a far seguire alle grida «Vai via di qua!» gli spari.
Sabato e domenica il quartiere di Rebbio è in festa; anche Como senza frontiere sarà presente alla festa, così come le realtà dei Cas (i Centri di Accoglienza Straordinaria) della città. L’attenzione dovrà necessariamente essere rivolta anche a questo recente e inquietante episodio, così come ad altri problemi che minano alla base la convivenza sociale così in città (il Regolamento di polizia urbana che la Giunta comasca vuole assolutamente approvare, nonostante i dubbi di molta parte del Consiglio comunale) come a livello nazionale (il secondo “Decreto sicurezza” che contrasta persino con le raccomandazione delle Nazioni Unite!). Sono tutte questioni da affrontare seriamente: non per rovinare la festa, ma perché la festa sia vera, di tutte e tutti.
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Como senza frontiere
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