di Luca Michelini
1. Marcello Iantorno è uomo capace e di cultura, di lunga e consolidata scuola politica. Lo puoi ritrovare a qualsivoglia congresso, incontro, riunione, tavola rotonda o ferroequina, dove si mostra attento, scrupoloso negli appunti, solido nei riferimenti (Resistenza, Costituzione, Legalità, Solidarietà, Trasparenza, Giustizia ecc.), affabile, premuroso ad ogni rivendicazione, disponibile all'ascolto. Un punto di riferimento.
2. Ottenuto l'assessorato al patrimonio, l'ingenuo elettore, di qualsivoglia appartenenza politica, si aspettava che tanta saggezza si sarebbe concretizzata in una razionalizzazione del patrimonio, nonché in un suo utilizzo strategico, volto a cambiare il volto della città nel contesto di un chiaro piano urbanistico, nonché di una idea, anche vaga, di ciò che la città è e di ciò che potrebbe diventare.
3. In altri termini, sarebbe stato e sarebbe vano cercare nei programmi delle forze politiche che si sono presentate come “innovatrici” e “progressiste” rispetto alla destra del sindaco Bruni, un qualsivoglia accenno alla totale svendita del patrimonio pubblico della città o comunque un suo utilizzo a fini di bilancio.
Eppure, è proprio questo il compito che gli “innovatori” hanno affidato all'assessore Iantorno: svendere, per salvare il bilancio del Comune di Como; svendere, a dispetto di qualsivoglia programma elettorale; svendere, rinunciando a indirizzare la crescita cittadina, ancora affidandosi al provvidenzialismo e automatismo del mercato.
4. Finchè si tratta di riscuotere gli affitti e vendere qualche locale commerciale si può, forse, ancora parlare di razionalizzazione. Quando, invece, si parla di vendita dell'ex-orfanatrofio di via Tommaso Grossi, cioè dell'ex scuola media Baden-Powell, allora, vista la dimensione dell'operazione (stimata in poco meno di 10 milioni di euro (si veda qui), un decimo del bilancio comunale) e la natura del complesso edilizio, è del tutto legittimo parlare di svendita. Perché quel pezzo di città può, e direi di più, deve, essere utilizzato per ridisegnare la città, facendo dell'azione pubblica il perno di qualsivoglia azione in proposito. Più precisamente: è tale la rilevanza urbanistica del sito, che qualsiasi intervento ridisegna, di fatto, la città.
5. Non è un caso, infatti, che, tempo fa, Bruni ancora imperando, non senza ragione si voleva creare in quel luogo una residenza universitaria(si veda qui). Oggi, come sappiamo, pare che l'Università sia passata in secondo piano: il Campus è fallito e in molti, anche nelle forze di governo cittandino, novelli espertissimi delle dinamiche universitarie e della scienza, pensano che il Politecnico sia “troppo piccolo” per dedicarvi investimenti.
C'è da chiedersi perché altrettanta sicumera non venga applicata, poniamo, alla dimensione dei negozi, delle imprese, delle ali degli aeroplani, delle sigarette. Ma si sa: quando si parla di scuola pubblica, dietro ogni “razionalizzazione” si nasconde, in effetti, un disegno di smantellamento. Inutile informarsi. Inutile fare paragoni: poniamo con la vicina Lecco. Mettere fuori il naso da casa è pericoloso, lo sappiamo, e l'altro ramo del lago di Como lo raggiungeremo solo a pedemontana terminata, o addirittura quando si inaugurerà la linea ferroviaria Lecco-Como. Meglio sempre e comunque il cemento e l'asfalto e qualche supermercato, che qualche coorte di ingegneri in più.
6. In Italia, purtroppo, la legislazione non tutela come dovrebbe il patrimonio pubblico. Cioè consente veri e propri colpi di mano nel passaggio ai privati di proprietà che sono di tutti e che spesso sono state il frutto di azioni generose, coraggiose e lungimiranti. Purtroppo gli amministratori, di qualsiasi partito siano e anche se costituiscono la “maggioranza” (ma non dimentichiamoci che i partiti oggi esistenti sono minuscoli rispetto al corpo elettorale), possono gestire a piacimento e svendere il patrimonio comune, senza avere, per altro, la più pallida idea del da farsi.
7. Naturalmente, non si tratta di avere una preclusione per il privato. Si tratta, invece, di cavare dal cappello qualche ideuzza, una volta ogni tanto. Alcuni parlavano di un Ostello, che si voleva addirittura a Camerlata (noto polo turistico... ), invece che regalare una piazza pubblica a Esselunga (che deve ai cittadini circa 7 milioni di euro), come pare purtroppo avverrà. Perché non farlo, appunto, nell'ex-orfanotrofio?
Ai tanti novelli “renziani” basterebbe fare un giretto per Firenze: p.es. alle “murate”, dove un ex-carcere è diventato, in centro, una residenza per giovani e giovani coppie, anche se disoccupate, oltre che un luogo di ritrovo e di convivialità (si veda qui).
Una volta messo il naso fino a Lecco, il giro turistico potrebbe continuare, per apprendere le tante e variopinte esperienze che contraddistinguono le nostre cento città.
Ma in materia aspettiamo, fiduciosi, l'ennesimo bando del Comune. Inutile perdere tempo in discussioni.
8. In una delle tavole rotonde cittadine prima o poi m'aspetto che qualche esponente del PD, magari lo stesso Iantorno, disquisisca della enorme disparità di ricchezza e di opportunità sociali che si è creata - da sola, ovviamente, come per volontà divina - nel Paese. Una disparità che, in un impeto di sconsiderato coraggio, potrebbe venire indicata come l'origine, o tra le cause, di questa crisi. Eppure non ho sentito nemmeno un cenno a questo tema per quanto riguarda la vendita dell'ex-orfanotrofio, ex-scuola media: a quale tipo di compratore verrà venduta? Chi oggi può permettersi certe cifre? Perfino i democristiani discutevano se fosse il caso di creare la grande o la piccola proprietà.
Ma in materia aspettiamo fiduciosi l'ennesimo bando. Inutile perdere tempo in discussioni.
9. Sarebbe interessante intavolare una discussione seria sul motivo per cui un Paese come l'Italia non può fare a meno di un lungimirante intervento pubblico e di una solida politica industriale pubblica, pena il disfacimento anche del settore privato dell'economia.
Temo tuttavia che non ne esistano ancora le condizioni. Il tessuto sociale ancora regge, non siamo ancora come la Grecia. L'ex-socialista Iantorno m'accuserebbe d'essere socialista: - "Guarda che in Italia il socialismo l'ha seppellito un grande modernizzatore negli anni '80!". Meglio continuare a salvare di soppiatto, in silenzio, quando è il caso o per caso, collettivizzando le perdite ma privatizzando i benefici: come accade con le banche. Per la "crescita" basta rendere tutti precari, a vita, con un Job act. Tra uno spot elettorale e l'altro (del tipo: “se mi votate, avrete l'obolo di 80euro in busta paga, altrimenti... ” ) Renzi ha confermato il piano di privatizzazioni di Letta ed è andato a Londra a cercar compratori: Italia svendesi.
10. A costo di sconvolgimenti economici e sociali enormi e dalle conseguenze imprevedibili, questa vieta ideologia si sta sgretolando, sotto i colpi della dura realtà dei fatti. Ma non si tratta solo di ideologia. Si tratta, purtroppo, di un ben meditato disegno. Si tratta di una classe politica (perché non è una classe dirigente) che come unico compito ha la svendita del Paese e che per realizzare il proprio progetto (ma soprattutto l'altrui: quello di Nazioni ben più avvedute della nostra e queste sì governate da classi dirigenti), ha sempre più bisogno di istituzioni antidemocratiche.
Il “pareggio di bilancio”, a livello centrale come periferico, e la conseguente svendita del patrimonio pubblico (scuola, università, imprese, diritti civili, contratti di lavoro degni, edifici, risorse naturali ecc.), ha bisogno di un quadro normativo appropriato: a cui provvederà, sempre più, un corpo parlamentare sfigurato, secondo i progetti di Renzi. L'assalto dei sindaci-sceriffi al Palazzo d'Inverno.
Ai non pochi "ex", sopravvissuti alle tante "rottamazioni", pare essere rimasto un unico retaggio di una grande scuola politica: una certa, congenita refrattarietà alla democrazia.
Luca Michelini