Ad agosto sono terminati i cinque anni di sperimentazione della Riforma Maroni che ha dimostrato il suo fallimento, come è stato terribilmente portato alla luce dalla pandemia del Covid che ha messo in evidenza, in tutta la Lombardia, e anche nella provincia di Como, tutte le inefficienze derivate dal definanziamento e dall’indebolimento e, per moltissimi versi, cancellazione della medicina territoriale. Entro la fine del 2021 la Regione Lombardia, su indicazione ministeriale, dovrà ridefinire la legge 23. Recentemente sono state presentate le linee di sviluppo della nuova legge di riforma, dove però,
nessuno dei punti chiave è stato messo in discussione e le stesse indicazioni dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari nazionali) , peraltro molto limitate rispetto a quelle richieste dalle reti territoriali, sono state rispettate solo marginalmente. Molti principi vengono introdotti solo per poter accedere alle risorse del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) senza mettere in discussione la filosofia di fondo e anche l’organizzazione generale. Ancora più grave è il fatto che una Riforma così importante per tutta la popolazione non passi attraverso un vero dibattito pubblico, soprattutto dopo i problemi che ognuna, ognuno ha potuto direttamente verificare e spesso vivere sulla propria pelle. La discussione su un argomento così importante per tutte e tutti, per il loro diritto alla salute, deve uscire dai palazzi. La programmazione è ancora basata sulle prestazioni e non sui dati epidemiologici, sui determinanti sociali e non sono previsti obiettivi di salute ma solo obiettivi economici. Non viene messa in discussione la libertà di scelta che ha favorito solo l’accreditamento sempre più esteso delle realtà private e che ha dato come esito liste di attesa troppo lunghe, difficoltà di raggiungere il servizio che dà la prestazione più velocemente, orari di apertura non compatibili con il lavoro. Non si fa nessun passo indietro rispetto all’accreditamento delle strutture private, anzi se ne prevede un ulteriore finanziamento. Si parla di parità di diritti e obblighi tra queste e quelle pubbliche, ma senza specificare di quali obblighi si stia parlando. Non è stata modificata la modalità di presa in carico dei pazienti cronici che prevede ancora la figura del gestore. Non viene rivista la gestione delle Rsa, attualmente per la maggior parte private, nonostante tutte le inefficienze insorte durante la pandemia. Non è prevista una implementazione dei posti letto ospedalieri (a Como addirittura inferiori a quelli previsti dal Piano nazionale). Viene invece introdotto il welfare aziendale, una forma di assicurazione sanitaria inserita nei contratti dei lavoratori a tempo indeterminato, che determinerà un’ulteriore sottrazione di risorse alla sanità pubblica e creerà forme di accesso diverso alle cure e ulteriori diseguaglianze. Sono previste invece alcune modifiche sul piano organizzativo: alle Ats e alle Asst si affiancano nuovamente i Distretti, uno ogni 100.000 abitanti, la Centrale Operativa territoriale (Cot), una per ogni distretto, la Casa della Comunità, una ogni 50.000 abitanti e l’Ospedale di Comunità, uno per ogni Asst. Queste ultime strutture vanno a sostituire i Presidi socio sanitari territoriali e i Presidi ospedalieri territoriali, peraltro mai realizzati, nonostante la Rete Cittadella della salute, dal 2014, chieda la riqualificazione dell’ex ospedale S. Anna sul nostro territorio. Si citano le funzioni di queste strutture in cui opereranno una serie di figure professionali che non hanno mai avuto una formazione per lavorare in equipe multidisciplinari, ma non viene specificato se avranno una gestione pubblica o privata, anche se sembra improbabile che il personale sanitario e socio-sanitario pubblico possa riuscire gestire tutte queste strutture, in quanto non si fa cenno se e di che entità sarà l’assunzione di nuovi operatori. Considerando che i Presst e i Pot non hanno avuto alcuna implementazione organica in 5 anni, nonostante fossero previsti, possiamo credere che ora queste nuove strutture vedano davvero la luce? Questi luoghi dovrebbero essere punto di riferimento anche per la prevenzione e la partecipazione delle persone? Anche i Comuni dovranno essere coinvolti, attraverso la Conferenza dei Sindaci. Viene introdotto per la prima volta nell’ambito della programmazione regionale in materia socio sanitaria il principio del One Health (un’unica salute). La sfida di tale approccio è quella di mettere in pratica una vera governance per la protezione e promozione della salute, non più confinata in modo miope solo sulla salute umana. One Health affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute degli animali e l’ambiente in cui vivono. In altre parole considera e comprende l’ampia gamma di determinanti socio-economici e ambientali. Questi determinanti caratterizzano le possibilità di proteggere e promuovere la salute e diminuire le iniquità che esistono in questo ambito. Ma per rafforzare la governance e le pratiche per la salute è necessaria l’integrazione di discipline diverse (medici, veterinari, scienziati ambientali, economisti, e anche sociologi e psicologi), la volontà politica e una partecipazione attiva della società civile. Questo, a seconda del problema da affrontare, vuol dire migliorare i livelli di coordinamento, cooperazione e integrazione delle misure da intraprendere per promuovere lo sviluppo e proteggere e migliorare la salute collettiva. Quindi, accanto all’integrazione di discipline diverse, è necessario investire - e mettere “più salute” - in ogni sfera sociale: dall’agricoltura alla scienza, dalla formazione alla politica, dall’informazione alla economia. Da quanto si può evincere dalle linee programmatiche niente di questo è previsto, se non una dichiarazione di intenzioni. Come Rete Cittadella della salute ci sentiamo parte della società civile e rivendichiamo la possibilità di partecipare realmente a questo processo. Vogliamo capire come questa nuova Riforma verrà declinata nel nostro territorio, chi ne saranno gli attori; come il Comune intende svolgere il suo ruolo e come si concretizzerà una sua reale integrazione, ormai evidentemente necessaria, con le strutture sanitarie; quante case della comunità saranno previste, chi le gestirà, dove saranno ubicate e quali servizi, oltre alla possibilità di partecipazione, saranno previsti; come la proposta della Cittadella della salute verrà realizzata ed estesa ad altre zone della nostra provincia. Per questo abbiamo intenzione di indire un incontro pubblico, nella seconda metà di luglio, a cui invitare i nostri rappresentanti istituzionali, in cui possano chiarire ai/alle cittadini/e quale sarà il progetto di salute che si realizzerà sul nostro territorio. Martedì 6 luglio, ci troveremo, come Comitato, alle ore 18,15 ala Camera del lavoro in via Italia Libera a Como per confrontarci con le forze sindacali e politiche e definire un pacchetto di proposte.
Il Comitato Cittadella della salute
FORUM SANITÀ/WELFARE DELLA FEDERAZIONE PROVINCIALE PD • CDL CGIL COMO • FEDERAZIONE PROVINCIALE SINISTRA ITALIANA • UST CISL FP DEI LAGHI • FEDERAZIONE PROVINCIALE PRC • MEDICINA DEMOCRATICA • UIL DEL LARIO COMO/LECCO• UIL FPL DEL LARIO COMO/LECCO • RSU CGIL ASST LARIANA • RSU UIL ASST LARIANA • FUNZIONE PUBBLICA CGIL DI COMO ∙ CISL FP DEI LAGHI • RSU CISL FP ASST LARIANA.• FEDERAZIONE SINDACATI AUTONOMI COMO ∙ ARCI • GRUPPO SPONTANEO DI CITTADINI QUALE FUTURO PER REBBIO • LEGAMBIENTE COMO • ACLI • SINDACATO PENSIONATI CGIL REBBIO • AUSER • LA CITTA' POSSIBILE COMO • FIAB COMO(FEDERAZIONE ITALIANA AMICI BICICLETTA) • COMITATO COMASCO ALTRA EUROPA • CSV • LILA COMO . SOCIETA' DELLA CURA COMO • MEDICI CON L'AFRICA COMO • ATTAC