Partito della Rifondazione Comunista Lombardia - Sono trascorsi 29 anni da quel 23 maggio nel quale il giudice simbolo della lotta alle mafia – Giovanni Falcone, la giudice Francesca Morvillo e gli agenti della scorta vennero brutalmente assassinati dai quasi mille chili di tritolo per mano dell’organizzazione criminale “cosa nostra” in quella che passò poi alla storia come “la strage di Capaci”.
Con Giovanni Falcone morivano quel giorno, nell’immaginario di quella parte d’Italia che diceva no al compromesso mafioso, le sensazioni di “rivalsa” nei confronti della criminalità organizzata che le condanne del maxiprocesso avevano creato in molte e molti ma la stagione delle stragi non era ancora terminata. Fu poi la volta di Paolo Borsellino, poco meno di due mesi dopo, e poi ci fu la “trattativa” Stato/mafia – sulla quale attraverso l’operato del Giudice Nino di Matteo si sta ancora (faticosamente) indagando e processo nel quale il Partito della Rifondazione Comunista fu l’unica forza politica a costituirsi parte Civile.
Cos’è cambiato da quei momenti terribili? I metodi certamente; oggi la mafia indossa il colletto bianco, ed invece che sparare si intromette nelle istituzioni, in certa politica, nei grandi appalti, pubblici e non, nelle cosiddette grandi opere (la tav ad esempio) ripulendo l’enorme quantità di “denaro sporco” attraverso attività “legali” creando di fatto degli enormi lavandini atti a ripulire i proventi della vendita della cocaina e delle molteplici attività criminali.
Tutto questo accade troppo spesso nell’indifferenza dei più che, non si accorgono di ciò che li circonda, fino al memento in cui un consiglio comunale viene commissariato per mafia o corruzione – in Lombardia è successo in diverse occasioni – oppure fino a che una maxi operazione di polizia fa un grosso numero di arresi nel paese limitrofo.
La mentalità mafiosa è purtroppo penetrata in gran parte del pensiero collettivo che, attraverso il venir meno delle grandi ideologie, ha portato una grandissima parte di popolazione a dimenticare che ogni scelta può essere da esso influenzata o no:
- Al supermercato acquisto la passata di pomodoro economica che è stata fatta dai nuovi schiavi nelle mani del caporalato oppure spendo qualcosa in più e compro un prodotto etico?
- Se ho la possibilità di evitare una lista d’attesa “grazie” all’
intervento di un conoscente che lavora in quell’ente lo accetto oppure lotto perché, per tutta la collettività, quelle liste di attesa diminuiscano?
Si tratta di piccoli ma importanti gesti che possono magari apparire irrilevanti ma che vanno nella direzione giusta per provare a costruire tutte e tutti insieme le condizioni perché avvenga quella “rivoluzione culturale” realmente necessaria per combattere (e sconfiggere) il fenomeno mafioso che, come diceva Giovanni Falcone, “è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine” una fine che purtroppo il nostro Paese non ha ancora conosciuto, nonostante i morti, nonostante le stragi, ma allo stesso tempo un fenomeno che l’Italia ha il dovere di sconfiggere non fosse altro per evitare che la morte di Falcone, così come quella di Peppino Impastato, Pio la Torre, Placido Rizzoto e molte e molti altri siano, anni dopo, risultate inutile.
Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola e le comuniste e i comunisti non hanno paura, e lo vogliono scrivere e gridare che la mafia è una montagna d merda. Facciamo in modo che il 23 maggio sia ogni giorno, che la lotta alle mafie tutte sia un compito che ci assumiamo come collettività e che la memoria dei martiri della lotta alle mafie sia onorata non solamente dalle periodiche commemorazioni ma dal comportamento di ognuna e ognuno di noi.
23 maggio 2021
Fabrizio Baggi, Segretario regionale Partito della Rifondazione Comunista – Lombardia