Il Comitato Comasco Acqua Pubblica è sconcertato per la mancata conclusione dell’affidamento del servizio idrico provinciale alla società pubblica Como Acqua srl.
Il rischio concreto è ora quello di consegnare ai privati la gestione dell’acqua per i prossimi 20 anni! Un rischio che andrebbe contro la volontà della maggioranza dei cittadini, che al Referendum del 2011 si sono espressi in tutta Italia (provincia di Como inclusa) per la gestione totalmente pubblica dei servizi idrici.
Nel rispetto dell’esito referendario, fin dal 2014 l’Amministrazione Provinciale e i sindaci comaschi avevano opportunamente deciso l’affidamento alla società unica provinciale, Como Acqua appunto. Questo percorso non si poteva, e non si può, interrompere solo perché vi è stato un cambio amministrativo in alcuni comuni!
Infatti la responsabilità, grave, dello stop a Como Acqua è dei comuni di Como, Cantù ed Erba, ma anche di tutti gli altri che non si sono presentati all’assemblea societaria di ieri, mercoledì 15.11, che doveva appunto concludere l’iter di affidamento della gestione a Como Acqua.
Ora questi comuni potrebbero essere chiamati a rispondere dell’eventuale danno erariale alle casse pubbliche, nel momento in cui, dal 2014 a ieri, sono stati spesi fondi pubblici per la costituzione della società Como Acqua. Potrebbe addirittura essere la Corte dei Conti a intervenire.
“Che intenzioni ha la Giunta Landriscina nei confronti del progetto ‘Come Voglio Como’, visto che qualsiasi proposta di portarlo avanti è stata bocciata dal consiglio comunale?”, se lo chiedono, legittimamente, Stefano Fanetti, Patrizia Lissi e Gabriele Guarisco, consiglieri comunali del Pd, dopo la seduta in cui è stata votata la variazione di bilancio. “Ogni nostro emendamento riferito al progetto è stato sonoramente bocciato. Questo non fa ben sperare per il futuro dell’iniziativa”.
“La legge di bilancio per il 2018 sarà approvata senza che venga tagliato il fondo in favore delle Regioni a statuto ordinario confinanti con l’Austria e la Svizzera per ridurre il prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione nelle aree di confine”. Lo dichiara il parlamentare comasco Mauro Guerra, componente della Commissione Bilancio della Camera.
«Nel 2017 in Italia, a Como, si dovrebbe supporre che le scuole siano luoghi in cui studiare e insegnare nella sicurezza che la struttura dell'edificio sia solida. Invece alPessina di Camerlata, nella classe 5J, il soffitto presenta un buco da cui mancano all'incirca 20 mattoni ed uno rischia di cadere e ferire chi si trovasse sotto in quel momento." Così i Giovani Comunisti/e di Como denunciano un grave episodio di mancata sicurezza degli edifici scolastici.
«Anni fa presentammo - prosegue il comunicato - al Provveditore agli Studi, come Unione degli Studenti e Giovani Comunisti/e, un dossier sulle problematiche dell'edilizia scolastica in cui era presente lo stesso buco. Speravamo che la segnalazione servisse a mettere in sicurezza le scuole ma vediamo che dopo quasi tre anni nulla è stato fatto».
Di qui la richiesta di investimenti immediati nella sicurezza
Nell’ambito della Rassegna “5 colpi alla ‘ndrangheta”, allestita una mostra itinerante tra Arosio, Carugo, Inverigo, Lurago e Mariano
Una Mostra a fumetti per ricordare le “Vittime di mafia”
A ricordo di Falcone, Borsellino e altri caduti sotto i colpi delle mafie
AROSIO - CARUGO - INVERIGO - LURAGO - MARIANO C.SE (CO) – Una mostra di graphic novel dal titolo “Vittime di mafia - 5 vite cadute nella lotta alla criminalità organizzata”.
La Mostra intende raccontare, attraverso il linguaggio del romanzo a fumetti, la storia di 5 protagonisti della lotta alle mafie, caduti per mano della stessa criminalità organizzata: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Mauro Rostagno e Lea Garofalo.
Ma l’intento è anche un altro, come dichiarano proprio gli organizzatori della mostra: “La Mostra vuole ricordare tutte le vittime delle criminalità. Infatti molte altre persone, più o meno “famose”, sono state assassinate dalla criminalità organizzata. Altre hanno subìto violenze, intimidazioni, minacce. Tra queste anche semplici cittadini che si sono opposti alle mafie o non hanno voluto cedere ai soprusi della criminalità”.
Gli incendi che da domenica devastano centinaia di ettari di territorio, nei comuni di Veleso e Tavernerio, devono aprire una riflessione seria sulla tutela dei boschi delle nostre montagne. Lo spopolamento e l’incuria richiamano sia processi antropologici sia chiare responsabilità politiche.
I continui tagli al servizio pubblico, costanti negli ultimi quindici anni, si accompagnano alle disastrose politiche di riforma dei governi Renzi e Gentiloni. Sotto accusa sono lo smantellamento del Corpo forestale dello Stato, contenuto nei provvedimenti Madia sul pubblico impiego, e le norme contenute nella Del Rio che hanno svuotato di funzioni le province italiane.
Gli effetti sono immediatamente percepibili anche sul territorio lariano, particolarmente esposto alle emergenze ambientali.
Il Corpo forestale è stato militarizzato, trasferendo gli operativi ai Carabinieri e in misura residuale ai Vigili del fuoco. Migliaia di uomini, formati per il presidio e la prevenzione degli incendi, sono distratti oggi su altre mansioni.
Nel Lario, inoltre, a causa del trasferimento della funzione di caccia e pesca alla Regione, rimbalzata di nuovo alla Provincia tramite convenzione, si è dimezzato numericamente il servizio della polizia provinciale (i guardiacaccia). Intere aree boschive, che fino a ieri vedevano il presidio costante di forestali e provinciali, sono oggi deserte. Impossibile quindi svolgere compiti di prevenzione, di contrasto agli eco-reati, di tutela della flora e della fauna.
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