Pgt – Lissi (PD): “l’assessore Butti spieghi come vuole rivedere la disciplina delle aree commerciali”

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“Secondo l’assessore Butti ‘ci sono criticità in seno allo strumento di programmazione urbanistica in relazione alla disciplina delle aree commerciali’ e per questa ragione intende ‘procedere ad una revisione del Pgt per quanto concerne la media e la grande strutture di vendita’. Se l’assessore pensa di concedere alla grande distribuzione quello che il Piano di governo del territorio le impedisce, si sbaglia”, lo dice Patrizia Lissi, consigliera comunale del Pd, dopo aver letto le dichiarazioni del responsabile della Pianificazione urbanistica del Comune di Como.
“Abbiamo un Pgt che, caso unico in Lombardia e rarissimo in Italia, contiene una precisa regolamentazione di cosa e quanto è possibile insediare in termini di attività commerciali nella città a secondo delle tre zone in cui Como è divisa: città murata e borghi storici, convalle, extra convalle. Nessuno ne ha mai chiesto la modifica. Sarebbe paradossale che sia l’amministrazione a farlo. Credo proprio che chiederemo all'assessore di spiegare cosa intende dire e fare”, annuncia Lissi.
“Non vorremmo fossero disattese le richieste di tutela portate avanti negli anni dalle stesse categorie degli operatori commerciali”, conclude la consigliera Pd.

Comitato Lombardo Vita Indipendente - Racconto di una moderna odissea, senza un'Itaca nè un Telemaco

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Si è finalmente concluso il mio calvario legato alla presentazione della "Domanda di valutazione multidimensionale a favore di persone con gravissima disabilità e in condizioni di non autosufficienza per ammissibilità alla misura B1 (FNA 2018) ai sensi della DGR 1253 del 12/02/2019". Per me sono stati dieci lunghi giorni costellati di telefonate per evitare continui andirivieni tra casa e Sportello Unico per il Welfare (SUW), sito a Como nel vecchio Sant'Anna e aperto tre giorni alternati alla settimana. Andirivieni che, comunque, non sono riuscita a ridurre a meno di 5. Niente male se si pensa che la misura B1 è destinata ai cosiddetti gravissimi, cioè a persone bisognose di assistenza 24 ore su 24, assistenza di cui, in questo caso, i nostri amministratori hanno ritenuto potessero fare a meno, visto che i cosiddetti caregiver, familiari o stipendiati che fossero, dovevano correre dietro alle scartoffie che ci venivano richieste, e che non andavano mai bene. Al primo appuntamento non hanno accettato la domanda perché non avevo indicato il nome del caregiver familiare. Avevo infatti presentato un'autocertificazione in cui dichiaravo di non disporne e di non volerlo visto che autogestisco dal 2004 (per la verità dal 1999, ma vivevo in un contesto comunitario) l'avvicendarsi dei miei assistenti personali in funzione di una vita indipendente. Due giorni dopo sono andata personalmente per convincerli dell'assurdità della cosa, ma non c'è stata ragione: quei poveri assistenti sociali e medici, ridotti al ruolo di inconsapevoli, incasinati ma diligenti kapò, non si sono accontentati di avvisarmi che avevano precise istruzioni di non accogliere la domanda in assenza di quell'indicazione ma, quando hanno visto che non bastava indorarmi la pillola mostrandomi che in fondo si trattava solo di una formalità, si sono adoperati per farmi capire che io non posso autogestirmi, visto che sono “una gravissima” e, come tale, bisognosa di assistenza 24 ore su 24. Non sono riuscita a spiegare loro che sono in grado di intendere e di volere, cosa che mi sembrava umiliante specificare, considerata l'evidenza! Così i miei 15 anni di autogestione per quei signori è come se non fossero mai esistiti, visto che non sono specificati nelle loro scartoffie; e non esisto come interlocutore, altrimenti perché specificare il nome della caregiver visto che sono io a firmare la domanda?
A questo punto mi chiedo cosa intendono per vita indipendente gli amministratori regionali che l'hanno prevista nella DGR 1253 di cui sopra.

Salvini a Como – Lissi (PD): “caro sindaco, se fosse davvero coerente, non sarebbe andato alla manifestazione della lega”

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La presenza del sindaco di Como alla manifestazione di lunedì scorso, organizzata dalla Lega e con il ministro Salvini, è al centro di una lettera di Patrizia Lissi, consigliera comunale del Pd, indirizzata proprio al primo cittadino. Eccola integrale qui di seguito:
“Egregio signor Sindaco, il 2 dicembre di due anni fa si tenne a Como una manifestazione nazionale generata dall’irruzione di alcuni skinheads durante una riunione di ‘Como senza frontiere’, noto come ‘l'episodio di cui trattasi’, secondo il comunicato stampa rilasciato ai tempi dal Comune di Como. Alla manifestazione parteciparono la presidente della Camera dei Deputati, terza carica dello Stato, e cinque Ministri del Governo allora in carica. Cinque Ministri a Como, mi permetta, non si vedono nemmeno al convegno Ambrosetti.
Lei non era presente, come non era presente nessun esponente della sua Giunta. Sui giornali del 9 dicembre 2017 Lei rivendicò la scelta, dichiarando: «È evidente che non si trattava di una mobilitazione di organizzazioni laiche, ma della scelta di una parte politica, ancorché indubbiamente lecita. Nella mia concezione della rappresentanza, l’adesione a una manifestazione di partito è inopportuna per chi dovrebbe rappresentare la pubblica amministrazione. Una manifestazione di partito esclude di per sé la presenza di chi dovrebbe risultare espressione della pubblica amministrazione. Peraltro anche recentemente ho evitato di presenziare ad alcune iniziative di partiti della maggioranza che mi sostiene, rivendicando la mia estrazione civica».

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