Dalla giornata di oggi, sabato 18 febbraio, è iniziato ufficialmente il percorso delle “PRIMARIE per COMO 2017”, che porterà al voto nella giornata di domenica 26 marzo 2017. Con questo percorso vogliamo promuovere la massima partecipazione delle cittadine e dei cittadini comaschi alla scelta del candidato alla carica di Sindaco di Como, nella maniera più aperta, democratica e trasparente.
Le primarie uniranno la coalizione intorno a un’autorevole candidatura, portatrice di un programma condiviso, capace di guidare la campagna elettorale e di governare il Comune di Como nell’interesse della città e dei cittadini, per l’intero mandato amministrativo 2017-2022.
Nelle prossime settimane, il Comitato organizzativo si occuperà di promuovere questo strumento, informando e coinvolgendo i cittadini comaschi e mettendo in campo ogni iniziativa per favorire la più ampia partecipazione alle primarie, tra cui l’organizzazione di dibattiti pubblici tra i candidati.
Il termine per la presentazione delle candidature è stato fissato a lunedì 6 marzo. I moduli per la presentazione delle candidature sono a disposizione presso la sede del Comitato organizzativo delle primarie, in via Regina Teodolinda 17.
Partito Democratico – Città di Como
Como Civica
Italia dei valori – Insubria bene comune
Apprendiamo da un articolo di stampa locale che l’amministrazione comunale di Como, nella persona dell’Assessore Iantorno, dimostra ancora una volta la mancanza di volontà politica per gestire il problema dell’ #accoglienzafredda.
Siamo perfettamente a conoscenza del fatto che la Rete Como Senza Frontiere (di cui fa parte, tra le altre realtà, anche la nostra Federazione Provinciale), ha fatto una richiesta ufficiale per ottenere la concessione per l’utilizzo del drop-in (ex area Stecav) come dormitorio per i migranti che non vengono ammessi nel “campo governativo”.
Attualmente, nonostante il campo sia sottoutilizzato, a causa dell’eccessiva burocratizzazione con cui si seleziona “chi ha diritto a non morire di freddo e chi no”, un centinaio di persone trovano ogni notte aiuto e riparo solo grazie, ancora una volta, a gruppi di volontarie e volontari che per mezzo di “ronde solidali” li accompagnano presso l’appartamento diS.Eusebio e alla Parrocchia di Rebbio.
Definire delle persone “illegali” (perché parlare di “persone in regola con le leggi” – significa considerare tutte le altre illegali) ci indigna, perché si sta parlando prima di tutto donne, uomini e minori che, a prescindere dalle loro origini, hanno il diritto ad avere un posto dignitoso dove dormire. Inoltre sottolineiamo con forza che la loro condizione è la conseguenza di leggi scellerate quali la “Bossi-Fini” ed il “Dublino3” che gettano le persone nel limbo dell’”illegalità” e le trasformano in “senza fissa dimora di stato”.
Pertanto chiediamo che si smetta di cercare scuse e che finalmente l’Amministrazione Comunale agisca concretamente smettendo di “immaginare soluzioni”, sperando che con un’accoglienza inadeguata si riesca a fermare la determinazioni di chi ha attraversato mari e deserti, fuggendo da violenza, guerre, e morte certa, in cerca di una vita migliore.
La Regione Lombardia, con deliberazione di Giunta dello scorso 30 Gennaio, ha proceduto ad una classificazione dei pazienti cronici in cinque livelli di bisogno ed ha deciso che la presa in carico esclusiva del loro percorso di cura sia effettuata da parte di “soggetti gestori”, pubblici ma anche privati accreditati, selezionati dalle ATS (Agenzia per la Tutela della salute) già entro il prossimo mese di Giugno.
La stessa deliberazione riserva però ad atti successivi ogni definizione sia dei requisiti d’idoneità dei Gestori, sia delle caratteristiche e dotazioni dei loro Centri Servizi, relegando inoltre i Medici di Medicina Generale ad un ruolo marginale e poco definito, non solo nella cura del paziente cronico, ma anche nella preliminare definizione del suo Piano di Assistenza Individuale.
Nessun cenno invece - sempre da parte della Regione - alle modalità di costituzione dei PreSST, quei Presidi Sociosanitari Territoriali che la riforma regionale avrebbe dovuto mettere al centro dell’integrazione socio-sanitaria. Nel Piano Organizzativo Strategico (POAS), in attesa di approvazione regionale ormai da Ottobre 2016, l’ASST Lariana, si limita ad ipotizzarli sul territorio senza però alcuna progettazione organizzativa, dichiarandosi in attesa delle ulteriori indicazioni regionali in merito alle loro modalità costitutive.
La Cittadella della Salute di Via Napoleona, in stretto collegamento con le Cure Primarie erogate dai Medici di Medicina Generale e con i Servizi sociali dei Comuni, avrebbe dovuto in breve tempo prendere in carico, in un luogo fisico riconoscibile ed accessibile, la persona e il complesso delle sue fragilità. Invece la sua realizzazione non è ancora scontata e l’ASST si è limitata sinora ad un mero “trasloco” di alcune attività territoriali dell’ex ASL.
In questo scenario, il Comitato Cittadella della Salute esprime forte preoccupazione per il ruolo che l’ASST Lariana potrà giocare, nel prossimo futuro, con la propria Rete Territoriale in quella che si è ormai delineata come la partita fondamentale della salute pubblica.
Partita che, ostacolato di fatto lo sviluppo del progetto della Cittadella, rischia di consegnare, nel nostro territorio, al privato accreditato, notoriamente più agile nei riposizionamenti sul “mercato” sanitario, il monopolio nella gestione della più importante fascia di utenza, quella che trarrebbe invece il maggior beneficio solo da una vera integrazione dei servizi pubblici, sanitari, socio-sanitari, sociali e previdenziali.
Questa integrazione può essere anche l’ultima carta da giocare per delineare il futuro dell’area dell’ex Ospedale Sant’Anna che, non trovando acquirenti per la parte da privatizzare, può solo puntare sul volano di una Cittadella dei servizi pubblici.
Così il circolo cittadino e la federazione provinciale del Partito della Rifondazione Comunista esprimono la loro contrarietà alla decisione dell’Amministrazione comunale di revocare i permessi per i disabili nelle aree pedonali del centro città.«Non si può non essere d’accordo sull’esigenza di pedonalizzare alcune aree della città, come pure sulla considerazione che 2500 permessi avrebbero messo in questione l’intera misura. Tuttavia, in una città in cui il 25% della popolazione è anziano e in cui intere fasce di popolazione hanno notevoli difficoltà a muoversi celermente a piedi, la scelta dell’Amministrazione rischia di rendere intere aree della città inaccessibili.Vi è una evidente necessità – proseguono il segretario cittadino Stefano Rognoni e il responsabile provinciale organizzativo Fabrizio Baggi - di effettuare maggiori controlli sulla concessione dei pass per disabili, anche al fine di evitare che tali permessi vengano utilizzati da loro famigliari al solo scopo di accedere con la vettura in zone altrimenti vietate. Ma penalizzare tutti per l’incapacità di far rispettare le norme del vivere civile è un’opzione inaccettabile oltre che una violazione di leggi nazionali» Come ha ricordato infatti Ledha Como la convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità è stata recepita dalla normativa italiana nel 2009.Il partito accusa quindi il Comune di non operare la necessaria inclusione nel prendere le proprie decisioni: «Crediamo che l’Amministrazione dovrebbe operare maggiore coinvolgimento delle realtà presenti in città anziché procedere in maniera arbitraria per portare a compimento misure spot che si trasformano in boomerang.Come Partito della Rifondazione Comunista – dichiarano Fabrizio Baggi e Stefano Rognoni– siamo impegnati nella costruzione di un’alternativa per la città che porti la Prossima Como ad essere inclusiva e a operare per la tutela delle fasce più deboli della società che ad oggi sono completamente inascoltate».
Continuare a diffondere la grazia, questa è l'unica risposta possibile alla barbarie.
Anche il Teatro Sociale di Como, da sempre molto sensibile ai temi sociali, ha dato il suo contributo a 'One Billion Rising', la campagna di sensibilizzazione sul fenomeno della violenza su donne e bambine. Nella suggestiva cornice del teatro comasco, oltre 100 bambine e ragazze della Scuola di Danza Classica del Teatro Sociale di Como, diretta da Simonetta Manara Schiavetti e della Scuola di Danza Contemporanea, diretta da Arianna Bracciali, danzano affacciate ai palchi storici.
Un segno importante che arriva dal tempio dell'arte e della bellezza.
La rete di persone e soggetti politici La prossima Como ha avviato una fase di ascolto e di confronto sui grandi temi e sul futuro della città di Como. Nel primo incontro dell’11 novembre, introdotto da Fabio Cani, abbiamo chiesto a 17 personalità della città di esprimere liberamente idee e proposte da condividere sulla prossima Como. Nel secondo incontro dello scorso 4 febbraio dal titolo Capire la città, introdotto dagli interventi di Fabio Cani, Paolo Sinigaglia, Marco Lorenzini, il lavoro si è svolto in gruppi tematici con un conduttore che ha agevolato il confronto e che ha prodotto un documento di sintesi. I gruppi di lavoro sono stati quattro: EcoLab (condotto da Alberto Bracchi) per discutere di quartieri di cintura, di urbanistica partecipata, di rigenerazione urbana; Social (condotto da Manuela Serrentino) per discutere di qualità della vita, di come i diversi soggetti della città sono messi nella condizione di muoversi, di incontrarsi, di curarsi, di partecipare; Kultur (condotto da Gianfranco Giudice) per discutere di cultura, di scuola e di università a partire dal punto di vista dei giovani; EcoLab (condotto da Simona Benedetti) per discutere di economia, lavoro e ambiente a partire dalle narrazioni e dai dati statistici.
Metodo di lavoro.
I quattro gruppi di lavoro non sono stati impostati per offrire un taglio istituzionale, né un taglio teorico, né un suggerimento programmatico, sono una lettura delle tematiche, a partire dai soggetti reali che le vivono. Gli obiettivi sono stati quelli di condividere informazioni, raccogliere bisogni, discutere temi comuni, confrontarsi sulle prospettive. Una persona ha condotto i lavori con il compito di presentare il taglio, i temi e il modo per discuterli, tenere i tempi del confronto, fare una sintesi per punti da presentare a tutta l’assemblea in plenaria, raccogliere i riferimenti personali. I temi sono stati affrontati attraverso parole-chiave (modo per discutere il tema), categorie in grado di essere sufficientemente ampie e trasversali al fine di favorire il confronto e la sintesi. Le prime parole chiave suggerite sono state le seguenti:
Inclusione – per garantirla servono pratiche in grado di favorire accessibilità (abbattimento barriere architettoniche, di lingua, di genere e di età) coesione sociale (rinforzare i legami di comunità, il dialogo tra le diversità); lavoro (per la dignità della persona, per il senso di prospettiva e di futuro); partecipazione (azioni di cittadinanza, costruzione collettiva delle idee, servono cittadini non individui, che spesso vengono immaginati solo negli spazi privati), diritti certi, difesi e promossi (perché il welfare non è assistenza, ma garanzia dei diritti sociali); una sfera pubblica più ampia e forte (lo spazio pubblico è una garanzia democratica, è il luogo del nulla da vendere, delle relazioni tra pari, del fine collettivo); sicurezza sociale e individuale
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