La violenza contro le donne*
DPI/2035/D - Documento Informativo n. 4 di ONUITALIA
"La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace."
Kofi Annan, ex Segretario Generale delle Nazioni Unite
La violenza nei confronti delle donne assume varie forme. Essa comprende: la violenza domestica, gli stupri, il traffico di donne e bambine, l’induzione alla prostituzione e la violenza perpetrata in occasione dei conflitti armati, quali omicidi, stupri sistematici, schiavitù sessuale e maternità forzate. In questo genere di violenza rientrano inoltre i delitti d’onore, la violenza collegata alla dote, gli infanticidi femminili e la selezione prenatale del sesso a favore dei bambini di sesso maschile, le mutilazioni dell’apparato genitale femminile, e altre pratiche e tradizioni dannose.
La Dichiarazione sull’eliminazione della Violenza nei confronti delle Donne, adottata nel 1993 dall’Assemblea Generale, testimonia il riconoscimento e la comprensione internazionale del fatto che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne.
La Piattaforma per l’Azione, adottata dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne svolta a Pechino nel 1995, identifica la violenza nei confronti delle donne come una delle 12 aree di crisi che necessitano una particolare attenzione da parte dei governi, della comunità internazionale e della società civile.
Nel corso della sua quarantaduesima sessione nel 1998, la Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione delle Donne ha proposto che vengano assunte ulteriori azioni e iniziative da parte degli stati membri e della comunità internazionale per porre fine ala violenza contro le donne, compresa l’inclusione di una prospettiva sessuale in tutte le politiche e i programmi più importanti. Fra le conclusioni finali della sessione erano comprese delle misure per appoggiare l’operato delle organizzazioni non governative, volte a combattere tutte le forme di traffico di donne e bambine, promuovere e proteggere i diritti dei lavoratori immigrati, specialmente donne e bambini, e incoraggiare la ricerca coordinata sulla violenza contro le donne.
Le risposte da parte della comunità internazionale
A partire dalla Conferenza di Pechino di cinque anni orsono, sono state assunte delle importanti iniziative a livello internazionale per eliminare la violenza nei confronti delle donne:
• Un Protocollo Opzionale alla Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione nei confronti delle Donne, adottato dall’Assemblea Generale ONU il 6 Ottobre 1999, riconosce alle donne il diritto di chiedere riparazioni per le violazioni dei loro diritti umani, compresa la violenza a carattere sessuale.
• L’Assemblea Generale, nel 1997 ha adottato le Strategie Modello e le Misure Pratiche per l’Eliminazione della Violenza nei Confronti delle Donne nel Campo della Prevenzione del Crimine e della Giustizia Penale.
• Lo Statuto della Corte Penale Internazionale, adottato nel Giugno 1998, prende esplicitamente in considerazione i crimini a base sessuale, così come è stato fatto dai Tribunali Penali per la ex Iugoslavia e il Ruanda.
• Una bozza di protocollo per un nuovo trattato — la proposta di Convenzione delle Nazioni Unite contro il Crimine Transnazionale Organizzato — si concentra sul traffico di esseri umani, specialmente donne e bambini.
La violenza domestica
La violenza domestica, specialmente il maltrattamento delle mogli, è forse la forma di violenza nei confronti delle donne maggiormente diffusa. Nelle nazioni nelle quali sono disponibili studi affidabili condotti su vasta scala sulla violenza sessuale, oltre il 20 per cento delle donne riferisce di aver subito degli abusi da parte degli uomini con i quali vivono.
Stupri e violenze domestiche portano alla perdita di un maggior numero di anni di vita sana, fra le donne di età compresa fra i 15 e i 44 anni di vita, che non il cancro al seno o alla cervice dell’utero, impedimenti lavorativi, guerra o incidenti automobilistici, secondo quanto rivela il Rapporto sullo Sviluppo Mondiale presentato nel 1993 dalla Banca Mondiale.
In risposta alla Piattaforma per l’Azione di Pechino, gli stati membri dell’ONU e la comunità internazionale hanno cercato dei modi per affrontare in maniera più efficace la violenza domestica:
• Numerosi stati hanno adottato una legislazione che riconosce che la violenza esercitata dal marito nei confronti della moglie dev’essere trattata alla stessa stregue di quella praticata da un estraneo. In Svezia, simili comportamenti vengono considerati delle gravi violazioni dell’integrità femminile e vengono puniti con delle sanzioni più severe rispetto al caso in cui lo stesso atto sia diretto contro uno sconosciuto.
• L’Austria, la Bielorussia, il Bhutan, l’Ungheria, il Messico, il Portogallo e le Seychelles hanno, per la prima volta, reso un reato penale la violenza sessuale compiuta dai mariti contro le proprie mogli.
• Nello Sri Lanka il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha lavorato in stretta collaborazione con le autorità e le organizzazioni non governative, per prevenire la violenza domestica mediante l’educazione pubblica, impiegando a tale scopo i media e seminari tesi a sensibilizzare verso il problema i funzionari del sistema giudiziario e le forze di polizia.
• Bielorussia, Polonia, Russia e Zimbabwe sono fra gli stati che hanno cercato di introdurre servizi per aiutare le vittime della violenza domestica quali rifugi e linee telefoniche speciali.
• Altri stati, tra cui l’Algeria e il Brunei Darussalam, hanno introdotto unità per la violenza domestica all’interno dei propri dipartimenti di polizia.
• L’Islanda ha lanciato un progetto sperimentale della durata di due anni rivolto ai maschi violenti chiamato "Uomini di responsabilità". Il progetto viene sottoposto a controlli quotidiani da parte della Croce Rossa islandese e sarà valutato allo scadere del biennio.
Il traffico delle donne
Si stima che il traffico di donne e bambine, molto spesso per uno sfruttamento commerciale del sesso, produca un fatturato annuale che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM), arriva fino a 8 miliardi di dollari. Gli enormi profitti che i responsabili traggono da queste attività, sempre più spesso legate al crimine organizzato, hanno trasformato questo commercio in una minaccia globale rapidamente crescente.
Le donne e le ragazze povere sono fra i principali bersagli dei trafficanti a causa della loro marginalizzazione e delle limitate risorse economiche a loro disposizione. Alcune di esse partecipano volontariamente al traffico a causa della promessa di guadagni più elevati e della possibilità di scappare dalla povertà. Altre vengono invece costrette con la forza, gran parte a prostituirsi contro la propria volontà. Per combattere questo fenomeno:
• Le Filippine hanno lanciato un’iniziativa in cooperazione con la società civile e altri governi, che prevede formazione e sviluppo di procedure per le agenzie che sono in prima linea nel combattere il traffico di donne e bambini.
• La Polizia lituana ha creato una Divisione per Combattere il Traffico all’interno del Dipartimento di Polizia come parte delle sue attività di indagine sul crimine organizzato.
• La Cina ha introdotto degli emendamenti al suo codice penale relativamente al rapimento di donne e bambine e all’induzione alla prostituzione.
• Al fine di fermare il traffico nelle aree di confine, il Myanmar ha creato otto centri professionali riservati a donne e ragazze.
• I Paesi Bassi hanno nominato un relatore nazionale il cui compito sarà di offrire una visione d’insieme di vasta portata dei dati relativi al traffico di donne e sui metodi per la prevenzione.
• L’Albania e la Federazione Russa hanno lanciato delle campagne di educazione dirette alle potenziali vittime.
Le mutilazioni dell’apparato genitale femminile
Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), si stima che tra 85 e 114 milioni tra donne e ragazze , gran parte delle quali vivono in Africa, nel Medio Oriente e in Asia, siano state sottoposte a mutilazioni dell’apparato genitale (female genital mutilation — FGM).
La pratica della FGM, o "circoncisione femminile", si riferisce alla rimozione integrale o parziale del clitoride e di altri organi dell’area genitale. La sua forma estrema, l’infibulazione, prevede la rimozione del clitoride e di entrambe le labbra che vengono poi cucite con la vulva, lasciando solo una piccola apertura per consentire il passaggio delle urine e del flusso mestruale.
Questa mutilazione delle ragazze ha importanti conseguenze sia a breve che a lungo termine. Essa è estremamente dolorosa e pu˜ causare delle infezioni e anche la morte, come pure difficoltà nel parto e una maggiore suscettibilità a contrarre il virus dell’HIV/AIDS. Questa pratica riflette un predominante consenso sociale sul fatto che la verginità di ragazze e donne debba essere preservata fino al matrimonio e sul fatto che la loro sessualità debba essere controllata. In queste culture gli uomini spesso non sposano donne o ragazze non circoncise che essi considerano "impure" e "sessualmente permissive".
Le iniziative contro la FGM attuate dopo la Conferenza di Pechino comprendono:
• Nel Settembre 1997, come parte di una campagna d’opinione internazionale, l’UNFPA ha nominato Waris Dirie, un’attivista e top model, sua Ambasciatrice Speciale per l’Eliminazione delle Mutilazioni dell’Apparato Genitale Femminile.
• L’Organizzazione Mondiale della sanità ha sviluppato dei materiali per la formazione e svolto dei seminari per aumentare la consapevolezza fra le balie e le levatrici della regione africana e del Mediterraneo occidentale, nel tentativo di sollecitare un loro attivo coinvolgimento in qualità di attive sostenitrici della lotta alla FGM.
• La Tanzania è una delle dieci nazioni nelle quali la mutilazione dell’apparato genitale femminile viene largamente praticata, ad avere promulgato delle leggi che rendono illegale questa pratica. Le sanzioni comprendono multe e imprigionamento. Gli altri nove paesi sono il Burkina Faso, la Repubblica Centro Africana, Gibuti, il Ghana, la Guinea, il Senegal, il Togo, la Costa d’Avorio e l’Egitto.
• Nazioni quali l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America, nelle quali vivono delle popolazioni immigrate che praticano questo rituale, hanno tutte approvato degli statuti che cercano di eliminare il fenomeno.
• La Nigeria ha istituito dei centri di cura con aule ad anfiteatro per le fistole vescico-vaginali per fornire assistenza alle donne sposate in giovane età che sono state sottoposte a mutilazioni dell’apparato genitale.
Per ulteriori informazioni si prega contattare
Daniela Salvati/Katia Miranda
Centro di Informazione delle Nazioni Unite
Piazza San Marco, 50
00186 - Roma
Tel. 06.6789907
Fax 06.6793337
Questo documento informativo si basa sul testo "Review and Appraisal of the Implementation of the Beijing Platform for Action: Report of the Secretary-General" (E/CN.6/2000/PC/2).
Pubblicato dal Dipartimento Pubblica Informazione delle Nazioni Unite
DPI/2035/D — Maggio 2000
Traduzione non ufficiale a cura del Centro di Informazione delle Nazioni Unite, Maggio 2000.
*Tratto da www.onuitalia.it
La violenza di genere nell’arco della vita delle donne
Fase Tipo di violenza
Prenatale Aborti selettivi per sesso, percosse durante la gravidanza, gravidanza forzata (stupro di guerra, etnico)
Prima infanzia Infanticidio femminile, abusi emotivi e fisici, differenze nell’accesso al cibo e all’assistenza medica
Infanzia Mutilazioni dei genitali, incesto e abuso sessuale, differenze nell’accesso a cibo, assistenza medica e istruzione; prostituzione infantile
Adolescenza Violenze durante il corteggiamento, rapporti sessuali sotto coercizione economica, abusi sessuali sul posto di lavoro, stupro, molestie sessuali, prostituzione forzata
Età riproduttiva Abusi sulle donne da parte del partner, stupro coniugale, abusi e omicidi per dote, assassinio per mano del partner, abusi psicologici, abusi sessuali sul luogo di lavoro, molestie sessuali, stupro, abuso di donne disabili
Vecchiaia Abusi sulle vedove, abusi sugli anziani (che riguardano per lo più donne)
Fonte: Heise, L., Violence Against Women: The Hidden Health Burden, World Bank Discussion Paper, The World Bank, Washington, DC 1994.
Sulla base del ricorso presentato nel 2006 dal Governo Prodi, la Corte Costituzionale ha bocciato la parte della legge regionale sull'acqua del 2006 che obbliga(va) alla separazione tra gestione ed erogazione!
Un obbligo che era stato contrastato dalla proposta di referendum abrogativo sostenuto da 144 Comuni lombardi e che nel 2009 aveva portato alla modifica della legge regionale.
Nel concreto la sentenza di fatto boccia i Piani d'Ambito e le delibere di alcuni ATO che nel periodo 2006-2008 avevano adottato il principio della separazione gestione/erogazione. Tra questi gli ATO di Como, Cremona, Lecco, Pavia, Varese e provincia di Milano.
In particolare la sentenza pone le premesse per l'annullamento della gara per l'erogazione per l'ATO di Pavia, la cui apertura è stata definita ad ottobre 2009 (scadenza del bando gennaio 2010).
Si tratta dunque di una vittoria a difesa dell'acqua pubblica in Lombardia, che da Pavia deve essere estesa a tutti i territori.
Di seguito un estratto della sentenza delle Corte Costituzionale:
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26
.........
L'art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo novellato dall'art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, prescrive che: «L'Autorità organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando obbligatoriamente l'attività di gestione delle reti dall'attività di erogazione dei servizi. .......»
.........
Stabilito che la disciplina statale di settore non consente la separabilità tra gestione della rete e gestione del servizio idrico integrato, resta da chiarire che tale principio risulta vincolante per il legislatore regionale, in quanto riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di funzioni fondamentali dei comuni (art. 117, secondo comma, lettera p), Cost.). Infatti, le competenze comunali in ordine al servizio idrico sia per ragioni storico-normative sia per l'evidente essenzialità di questo alla vita associata delle comunità stabilite nei territori comunali devono essere considerate quali funzioni fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato dal novellato art. 117.
Saluti.
Roberto Fumagalli
Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua
Da un dialogo tra alcuni attori del territorio – cooperazione, volontariato e associazionismo, economia solidale, commercio equo e solidale – è nata l’esigenza di avviare un percorso di confronto che permetta di riallacciare le tante pratiche che sono diffuse sul nostro territorio con una riflessione che guardi più in alto, a quale è il modello di economia e di società a cui stiamo lavorando e auspicando, e a quale è il progetto di cambiamento che le nostre attività vogliono sviluppare sul territorio.
Primo incontro, venerdì 20 novembre 2009 - ore 20:30 :
Il commercio equo tra economia globale e mercati locali.
c/o Enaip, Via Dante 127 – Como (parcheggio interno)
Martino Villani, direttore CSV Como
Emilio Novati, presidente Cooperativa Equo Mercato Cantù
Alberto Zoratti, Cooperativa Sociale Fair
Il commercio equo si pone l'obiettivo di costruire rapporti di scambio più giusti con i produttori di paesi poveri e lontani, ma la costruzione di una economia solidale trova i suoi attori principali e i suoi valori di riferimento nelle comunità locali. Come si conciliano questa attenzione al mercato globale e l'esigenza di consolidare le economie locali? Come si concilia l'esigenza ecologica di una filiera corta con le importazioni da comunità lontane? Quale modello di relazioni tra Paesi è compatibile con una economia solidale e sostenibile?
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Buongiorno a tutti. Come da impegni presi ieri sera un po' di persone del comitato hanno presenziato alla seduta del consiglio comunale, assistendo all'ennesima approvazione di un'opera di edilizia residenziale privata, con altezze aumentate, su un'area dismessa in zona Camerlata; approvazione in deroga al piano regolatore, con voto contrario delle opposizioni (per impatto ambientale pesante date le altezze, area non servita, posizione non idonea [vicino a viadotto e ferrovia in un avvallamento]) ed astensione della lega, con penosi litigi interni alla maggioranza che hanno ritardato la votazione oltre mezzanotte.
Rinnoviamo l'invito a che a gruppi si presenzi ai prossimi consigli comunali (se volete potete dare una disponibilità e facciamo da coordinamento, sia per le presenze che per le relazioni), visto che si stanno avvicinando discussioni su Ticosa e Muro e poiché é "istruttivo" vedere come si svolgono i lavori senza la TV presente (atteggiamenti del sindaco, del presidente del consiglio comunale, ...); riteniamo importante che queste persone "sentano" la presenza di cittadini che li controllano, che li vedano e che ne diffondano le scelte ed i comportamenti; vi chiediamo nel contempo di evitare comportamenti vistosi ed esagerati, mantenendo la calma e riservando la rabbia al momento della protesta coordinata, per aumentarne l'efficacia. Come anticipato abbiamo inviato a tutti i consiglieri di opposizione la richiesta di stato dei lavori sulle paratie e chiesto di avvisarci per tempo quando ci sarà una seduta su Ticosa o Muro per avere il tempo di mobilitarci con una presenza di protesta civile nel cortile del comune durante la seduta stessa.
A tal fine vi chiediamo un impegno forte per quella serata, quando sarà, diffondete e portate persone.
A presto
Coordinatori del Comitato "Giù la Giunta"
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