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Il governo – tra gli applausi dei sindaci della destra economica come Sala – sancisce che lo shopping viene prima della democrazia. L’articolo 17 della Costituzione viene calpestato con disinvoltura. Ricordiamo che questa visione del primato dell’economia ha già fatto danni enormi rallentando l’adozione di misure per il contenimento del contagio. Pur di non fermare Bergamo, Milano e le fabbriche della Lombardia non si garanti la preminenza costituzionale del diritto alla salute. La direttiva della ministra Lamorgese è inaccettabile e non a caso si riaggancia a un precedente indirizzo del ministro leghista Maroni.

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Partito della Rifondazione Comunista - Ieri abbiamo portato alla #CameraDeiDeputati la voce dei familiari delle vittime di covid e la richiesta di una vera commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia in Italia. È un impegno che avevamo assunto come ex-parlamentari di Rifondazione Comunista lo scorso 2 novembre quando era stato negato il permesso per un presidio davanti a Montecitorio ai familiari delle vittime. Ringraziamo le/i parlamentari che hanno raccolto la nostra proposta e che con noi hanno indossato la pettorina dei familiari. Va respinto il grottesco tentativo di #Lega e #Pd di limitare i compiti della Commissione alle origini del virus in Cina.

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Marco Fumagalli (M5S): «La criticità più grossa della (non)riforma Moratti-Fontana è la presenza di articoli in contrasto con la normativa nazionale. Motivo per cui il Movimento Cinque Stelle ha presentato quattro pregiudiziali di costituzionalità. Alcuni passaggi di questa (non)riforma rappresentano una vera e propria sfida al Governo nazionale, passibili di impugnativa alla Corte costituzionale. Passasse il concetto che le Regioni possano derogare ai principi generali della normativa nazionale sarebbe a rischio l’intero Sistema Sanitario Nazionale. Nelle pagine di questa (non)riforma, la stessa maggioranza ammette di andare contro la legge dello Stato e lo fa quando sostituisce le esigenze sanitarie legate alla programmazione, con le logiche di mercato.

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Era il 5 Agosto 2011 quando l’allora Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, scrisse la famigerata lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie e ineludibili "privatizzazioni su larga scala" in particolare della "fornitura di servizi pubblici locali". Uno schiaffo ai 26 milioni di italianə che poco più di un mese prima avevano votato ai referendum indicando una strada diametralmente opposta, ossia lo stop alle privatizzazioni e alla mercificazione dell’acqua.

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